Tredicina di Sant’Antonio. Messa per i malati Unitalsi e volontari Croce Rossa
“La misura dell’amore è Dio, la nostra vita deve essere a misura dei bisogni delle persone. Il nostro amore deve soddisfare i bisogni del nostro prossimo. In ogni persona ammalata c’è Gesù che soffre e spera, che desidera conforto e consolazione. A volte basta un semplice gesto per capire che quella è la carezza di Dio”.
È uno stralcio dell’omelia che Padre Giuseppe Sinopoli (Ofmcap) rettore del santuario di Sant’Antonio da Padova nonché guardiano del convento, ha pronunciato durante la celebrazione eucaristica dedicata agli ammalati.
Alla funzione hanno partecipato una delegazione dei malati e dei volontari che fanno parte della sottosezione lametina dell’Unitalsi. Presenti anche numerosi volontari della Croce Rossa. A concelebrare il rito don Isidoro Di Cello, assistente ecclesiastico dell’Unitalsi, e don Paolo Fusto diacono della parrocchia di Santa Maria degli Angeli.
La messa, inserita nel ricco programma della Tredicina, ha voluto creare un focus “sulla necessità di essere presenti accanto alle persone che soffrono. Una presenza che da parte di chi assiste deve essere sacrificio, dono incondizionato di sé perché Dio ci chiede tutto. Attraverso l’amore – ha sottolineato Padre Sinopoli – abbracciamo la persona che è ammalata. Così facciamo germogliare i sentimenti di vita vera senza mai svilire la persona che soffre perché più debole”.
“Il malato deve essere al centro delle sensibilità sanitarie, familiari, di volontariato e istituzionale – ha aggiunto il rettore del santuario - Il malato non è un numero, un letto, una cartella o una carrozzella. È un volto con un nome, una dignità umana e spirituale. Va rispettato e onorato, come vorremmo essere noi amati, rispettati e onorato se fossimo ammalati”.
Carlo Mercuri, in rappresentanza della sottosezione Unitalsi ha ringraziato la Fraternità Cappuccina e il rettore del santuario per l’invito. Un primo momento pubblico di condivisione dopo lunghi mesi di reclusione forzata a causa della pandemia. “Speriamo – ha detto Mercuri – che questa nostra partecipazione alla messa sia una vera ripartenza perché vogliamo riprenderci la nostra vita. Vogliamo ritornare a Lourdes che è il nostro ‘faro’, la nostra meta a cui tutte le nostre attività tendono. Tuttavia anche la quotidianità è importante. Vogliamo ritornare alle nostre sane abitudini fatte di socialità e aggregazione”.
A testimoniare l’importanza del donarsi all’altro nella piena gratuità è stata una volontaria della Croce Rossa che ha evidenziato il valore del vero volontariato, concretizzato sul territorio, fra la gente, solo per il gusto di rendere un servizio alla collettività e non per bramosia di potere o di denaro.