Confisca beni alla famiglia Saraco: si esprime la Cassazione

Catanzaro Cronaca
La Corte di Cassazione

La Seconda sezione della Corte di Cassazione, il 28 aprile scorso, ha annullato l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Catanzaro, emessa il 21 dicembre del 2020, ritenendo la fondatezza e legittimità del diritto alla restituzione dei beni - sebbene nel frattempo fosse intervenuto anche un provvedimento di confisca - a carico di Francesco Saraco e della sua famiglia.

Nello specifico, a seguito della pronuncia dell’ordinanza con cui la Corte di Appello del capoluogo, il primo agosto del 2018 aveva disposto la restituzione dei beni riconducibili a Saraco e ai suoi familiari, la Procura Generale aveva interposto ricorso davanti il Tribunale della Libertà, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di restituzione dei beni.

Il Tdl, nel decidere l’appello della Procura, aveva ritenuto opportuno riunire questo atto di gravame con due distinti appelli interposti, il 28 febbraio 2018, dallo stesso avvocato e dalla sua famiglia, a delle ordinanze che il Tribunale di Catanzaro aveva pronunciato rigettando le loro richieste di restituzione dei beni.

Il Tribunale della Libertà, Giudice estensore Valea, il 22 dicembre del 2020, dopo due anni, aveva però rigettato gli atti di appello avanzati da Saraco accogliendo quello della Procura Generale, annullando l’ordinanza di restituzione e disponendo il sequestro di tutti i beni.

“La vicenda giudiziaria, da cui è scaturita, anche l’espropriazione integrale dei beni riconducibili a tutta la mia famiglia – spiega lo stesso Francesco Saraco - si connota, a questo punto, di un ulteriore particolare che ha le vesti di una legittimità massima, qual’è un pronunciato del Supremo Collegio”.

“Oltre, ai temi, tristemente ben noti, anche il lasso di tempo (enorme), che è intercorso per poter sottoporre al vaglio del Giudice di legittimità la questione relativa alla sequestrabilità dei beni riconducibili a me ed ai miei familiari, rende ulteriormente critica l’intera questione” prosegue l’avvocato.

Infatti, dalla data di presentazione degli appelli davanti al Riesame a quelli in cui lo stesso Tribunale ha deciso, sono passati oltre due anni e prima, ancora, erano trascorsi altri due di anni per ottenere una decisione dal Tribunale del Riesame, investito da una domanda di restituzione dei beni “di talché ciò – afferma Saraco - ha limitato fortemente il nostro diritto di difesa davanti al Tribunale di primo grado investito della vicenda il quale ha deciso la confisca dei beni e la condanna di mio padre in fase di pendenza di appello davanti al Riesame”.

Sempre Saraco previsa poi che quando invece alla misura di prevenzione applicata dei confronti del padre “è doveroso precisare che la decisione dell’applicazione della misura è del 15 ottobre 2018 tuttavia, il deposito della motivazione è avvenuto in data 31 maggio 2021 di talché la confisca dei beni è illegittima giacché l’ art. 24 del testo unico antimafia al comma 2 dispone che il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario”.

Nel caso in esame gli amministratori giudiziari si sono immessi nel possesso dei beni il 26 aprile del 2018 mentre il decreto di confisca è stato depositato dopo 3 anni e 2 mesi.