La tendopoli come un souck: scatta l’operazione Marracash, colpo allo spaccio nella Piana

Reggio Calabria Cronaca

Le tendopoli di San Ferdinando ed il centro abitato del comune reggino come un souck di Marrakech: dal che il nome di un’indagine, “Marracash”, che in un gioco di parole quasi “ironizza” su quello dell’importante città marocchina, ma rende bene l’idea di come quell’area della Piana fosse diventata un vero e proprio mercato, non di spezie e varie come nella metropoli nordafricana, quando invece di droga.

A questa conclusione sono giunti i carabinieri di Gioia Tauro che stamani hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di sei italiani e due centrafricani.

L’indagine, condotta dalla Stazione di San Ferdinando, scatta a fine 2019 concludendosi nell’estate scorsa. Tutto parte da un controllo ad un italiano, F.R.M. le sue iniziali, impiegato nel Porto di Gioia Tauro.

L’uomo avrebbe spacciato stupefacenti a diversi suoi concittadini, da un casolare nella periferia di San Ferdinando, con l’aiuto di due suoi amici (P.G. ed A.F.), uno dei quali è attualmente detenuto nell’ambito dell’operazione “Eclissi” (QUI) eseguita contro le cosche di ‘ndrangheta della zona.

DAL FRONT OFFICE ALLO SPACCIO

Successivamente, e durante le indagini, è stata individuata una donna italiana (B.C.), anch’essa impegnata nella spaccio a cittadini di San Ferdinando, San Costantino Calabro e Polistena.

La donna si è poi appurato si rifornisse sia dal primo uomo fermato nel 2019, F.R.M. che presso la Tendopoli di San Ferdinando, dove prestava servizio al Front Office d’ingresso della stessa struttura di accoglienza.

La stessa avrebbe ricevuto la droga anche da un suo collega di lavoro, un operaio gambiano (K.M.) che si occupa della raccolta di rifiuti all’interno della tendopoli e ritenuto il “fulcro dello spaccio” sia agli africani domiciliati nella struttura che ad italiani residenti a San Ferdinando.

IL PUSHER DILIVELLO SUPERIORE”

Dalle investigazioni, poi, è emersa la figura di un altro gambiano, S.O., residente a Rosarno, considerato uno “spacciatore di livello superiore” poiché avrebbe rifornito di stupefacente l’operaio suo connazionale, K.M., e avrebbe anche coordinato l’attività nelle zone ricadenti nei pressi della stessa tendopoli.

L’indagine, con cui sono stati documentati ben cinquantacinque episodi di spaccio, è stata condotta con metodi tradizionali e supportata da strumenti specifici di natura tecnica, compresa l’installazione di telecamere che hanno permesso di individuare altri due italiani di San Ferdinando, B.M e L.A., che avrebbero fornito un evidente supporto favorendo le attività degli indagati.

L’OPERAZIONE è stata condotta dai Carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro, supportati in fase esecutiva dal Nucleo Cinofili di Vibo Valentia. Le misure sono state emesse dall’Ufficio del Giudice delle Indagini Preliminari su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palmi.