Operazione Archimede, mare e suolo inquinati pur di risparmiare denaro: 14 indagati
La piaga della mala depurazione si abbatte, ancora una volta, in una regione che proprio in questi giorni si stava ponendo delle domande sulla qualità del mare e sul suo livello di inquinamento.
Domande particolarmente sentite sul versante tirrenico, dove oggi si è abbattuta come un fulmine a ciel sereno una nuova operazione dei Carabinieri di Scalea (QUI), coordinati dal procuratore di Paola, Pierpaolo Bruni, che ha portato a quattro arresti domiciliari, un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, cinque interdizioni dai pubblici uffici e sette ulteriori indagati a vario titolo.
L’accusa è di quelle infamanti: collusione tra pubblico e privato in illeciti ambientali, in particolar modo riguardanti la depurazione.
Secondo la Procura, i vari indagati avrebbero deliberatamente inquinato il suolo ed il mare al fine di risparmiare denaro ed ottimizzare così le risorse economiche. Un grande affare, evidentemente, tutto a danno dell’ambiente e della collettività.
LE CONDOTTE FRAUDOLENTE
Secondo quanto evidenziato nel corso dell’indagine, sarebbero emerse diverse condotte collusive e fraudolente all’interno di alcune procedure ad evidenza pubblica nel settore della depurazione.
Alcuni operatori economici sarebbero stati avvantaggiati tramite l’affidamento di appalti e servizi - da espletare in più comuni dell’alto tirreno cosentino - in palese violazione dei criteri di rotazione e senza alcuna verifica o indagine di mercato.
Questi si sarebbero impegnati, a loro volta, a smaltire i fanghi di depurazione e degli impianti di sollevamento senza un adeguato trattamento e senza rispettare alcuna normativa ambientale.
Secondo una prassi a quanto pare consolidata, i liquami - altamente inquinanti – sarebbero stati sversati presso dei terreni agricoli anziché essere conferiti in discariche autorizzate, ed in alcuni casi sversati direttamente in un collettore fognario. Operazioni, queste, che facevano sensibilmente abbassare i costi.
I CONTROLLI “ANNUNCIATI”
In diversi campioni sequestrati e controllati sarebbe emersa la presenza di una sostanza chimica (un acido peracetico), volutamente aggiunta ai liquami per alterare o occultare la carica batterica.
Un tentativo di depistaggio dunque, che secondo la Procura di Paola sarebbe stato messo in atto grazie alla presenza di un informatore, che avrebbe “annunciato” le date dei controlli per dare una parvenza di normalità.
Ma non solo: sempre secondo l’accusa, la “talpa” avrebbe anche concordato le modalità di controllo, arrivando al punto di concordare anche le vasche ed i serbatoi da controllare e da escludere.
Si tratterebbe di un dipendente dell’Arpacal, che oltre ad aver svolto il ruolo di “informatore” si sarebbe anche prodigato ad alterare e manipolare dei risultati.
Riscontrati almeno due casi sospetti, dove lo stesso avrebbe confermato i risultati di fanghi smaltiti illecitamente in località Puma di Buonvicino ed in località Scala di Diamante. Innumerevoli i dati falsati prodotti nel corso degli anni.
In tal senso si è detta “stupita e disorientata” l’Arpacal, che ha dato la sua massima “disponibilità a fornire ogni utile documentazione per le attività di indagine esprimendo piena fiducia nell’operato della magistratura con la consapevolezza che sarà fatta chiarezza su una vicenda che crea sgomento e sfiducia nei cittadini”, chiedendo di non “intaccare l’affidabilità tecnico-scientifica con la quale l’Agenzia svolge le sue attività di controllo e monitoraggio”.
GLI INDAGATI, TRA PUBBLICO E PRIVATO
A finire nell’occhio del ciclone è la sindaca di San Nicola Arcella, Barbara Mele, per la quale è stato disposto l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
Sospesi ed interdetti dai pubblici uffici per un anno Albina Rosaria Farace, quarantatreenne di Santa Maria del Cedro, e Francesco Fullone, quarantatreenne di San Nicola Arcella.
Scatta invece il divieto di entrare in contatto con la pubblica amministrazione per Enzo Ritondale, quarantunenne di Diamante; Renato La Sorte, cinquantaquattrenne di Nocera Terinese; e Vincenzo Cristofaro, cinquantunenne di Belvedere Marittimo.
Condizione più grave invece per i quattro finiti agli arresti domiciliari. Si tratta di Tiziana Torrano, quarantanovenne di Diamante; Pasqualino De Summa, cinquantasettenne di Diamante; Giuseppe Maurizio Arieta, cinquantasettenne di Scalea; Maria Mandato, cinquantasettenne di San Nicola Arcella.
Tra gli indagati a vario titolo risultano Alberto De Meo, cinquantaduenne di Santa Maria del Cedro; Francesco Astorino, trentanovenne di Buonvicino; Giovanni Amoroso, quarantaduenne di Buonvicino; Giovanni Palmieri, quarantottenne di Paola; Giuseppe Oliva, cinquantaseienne di Papasidero; Vincenzo Perrone, sessantaquattrenne di Papasidero; e Virgilio Cordero, sessantaduenne di San Nicola Arcella.