Una Coop di giovani donne nei locali della Diocesi di Reggio
Si chiama Intrecci, la coop tutta al femminile composta dalle ragazze indicate dal Tribunale per i Minorenni e la Procura presso il Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria nell’ambito del progetto di mediazione penale minorile e avviamento professionale “Ri-Mediamo: oltre il conflitto” organizzato da Ismed, l’ADRMedLab e il DiGies dell’Università Mediterranea.
Questa mattina la coop ha preso possesso della nuova sede, un locale della diocesi di Reggio Calabria-Bova. “La diocesi ha sostenuto l’iniziativa non solo a livello morale, ma mettendo a disposizione alcuni locali già adibiti ad altre attività diocesane, sia per Avvenire di Calabria che per l’Azione Cattolica diocesana, ha detto l’arcivescovo che poi ha proseguito affermando che “l’Azione Cattolica ha seguito questa iniziativa, dando supporto concreto, nel segno della Carità, ma non a parole”.
Il progetto ha preso avvio nel febbraio del 2020 e si è svolto in due fasi: il modulo sulla gestione del conflitto coordinato dai professionisti Ismed e dai docenti del DiGiES e il modulo sull’avviamento professionale all’interno del quale le maestranze dell’Azienda Orafa del Maestro Gerardo Sacco e dell’Istituto Gemmologico Igea hanno avviato i minori alla conoscenza delle gemme e alla lavorazione dei semipreziosi.
La manifestazione conclusiva del progetto, che ha visto quale madrina d’eccezione la ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti, è stata occasione per tagliare il nastro della sede di Intrecci, ma anche per riflettere sul valore delle pari opportunità negli ambienti di marginalità e per promuovere l’emancipazione delle donne e del Sud più in generale.
È un’importante iniziativa, che vede nel lavoro una via di riscatto. “Un aspetto fondamentale – aggiunge Morrone - perché intanto per noi credenti, cristiani e cattolici l’identità è certo nella diversità, ma nell’unità. L’integrazione non è un verbo estraneo al nostro credere, ma esprime l’attenzione di Dio per tutte le sue creature, soprattutto gli esseri umani”.
“Queste ragazze che sono accompagnate in questo percorso di riscatto, grazie anche alla generosità di tante altre realtà sociali, si trovano a casa loro non perché italiane, ma perché trovano persone accoglienti disponibili e, soprattutto sono persone rispettate nella loro identità e culturale, sociale e religiosa. Questo appartiene al nostro Dna profondo come cristiani, anche se non sempre questo purtroppo viene messo in atto per tanti motivi. Intanto – ancora le parole dell’arcivescovo – plaudo a questa iniziativa. Una delle tante nella nostra arcidiocesi. Una piccola goccia in un mare di bisogno, ma che vuol dire che la speranza procede. E quindi possiamo guardare avanti con piena fiducia”.