Vertenza Komunika srl, Slc Cgil: "L’azienda ritiri i licenziamenti”

Calabria Attualità

Ritirare i licenziamenti dei lavoratori di Komunika srl. È quanto chiede la Slc Cgil Calabria in merito alle lettere inviate ai lavoratori.

La Camera del lavoro auspica che “l'azienda torni al tavolo sindacale ritirando i licenziamenti e ragionando sulle possibili soluzioni nella speranza che la Komunika srl riesca nei prossimi mesi a individuare nuovi mercati anche mettendo in campo una diversificazione della propria attività tale da poter aumentare i volumi di lavoro, consolidare la propria struttura e salvaguardare così il proprio perimetro occupazionale”.

Annuncia poi che se nei prossimi giorni non dovessero arrivare “concreti segnali di apertura da parte aziendale” la categoria Slc Cgil non esiterà “a intraprendere azioni di lotta e mobilitazione generale a tutela e a sostegno delle istanze, dei diritti e del futuro lavorativo dei lavoratori”.

“A una settimana circa dalla chiusura della procedura di licenziamento collettivo, aperta dall’azienda alla fine del mese di agosto, esprimiamo forte preoccupazione per come si sta evolvendo la vertenza che riguarda un esubero di circa il 40% del personale”, scrive il sindacato.

La percentuale di esubero per la Camera del lavoro è “enorme se si considera che parliamo di un’azienda che ha solo pochi mesi di vita, avendo rilevato ad inizio anno 2021 un ramo dell'azienda Abramo Printing & Logistics, e che fino a giugno 2021 ha comunque potuto usufruire di aiuti di stato quali la cassa integrazione covid”, prosegue la segreteria calabrese.

“Nel corso dei tanti incontri avuti presso la sede di Confindustria – continua la nota - abbiamo responsabilmente proposto tutta una serie di soluzioni utili a salvaguardare l'intero perimetro occupazionale, in particolar modo abbiamo proposto lo strumento del contratto di solidarietà che permetterebbe di gestire gli esuberi dichiarati dall’azienda almeno per i prossimi tre anni”.

La Slc Cgila afferma di aver registrato “un netto rifiuto perché il management aziendale ritiene di non poter sostenere i costi insiti nell'utilizzo del sopracitato ammortizzatore sociale, rifiutando altresì ulteriori proposte suggerite dai lavoratori stessi che si rendevano disponibili anche a importanti sacrifici pur di salvaguardare l'occupazione. Le uniche aperture da parte datoriale sono state quelle di una incentivazione economica all’esodo volontario e, in alternativa, quella di un passaggio definitivo al contratto part time al 50%, opzioni che non esitiamo a definire non percorribili considerato anche il delicato momento storico che stiamo vivendo e, soprattutto, la difficoltà atavica di ricollocazione nel mondo del lavoro in una terra con un alto tasso di disoccupazione come la Calabria”.