Certificati di malattia falsi per non lavorare durante il lockdown, indagati medici del 118

Catanzaro Cronaca

Tredici medici del servizio di emergenza 118 indagati perché, secondo gli inquirenti, si sarebbero assentati dal lavoro durante il primo lockdown, grazie però a dei certificati di malattia che sono stati ritenuti falsi. Per questo si sono visti anche “recapitare” un provvedimento di sequestro per oltre 46 mila euro.

Ma, in totale, sono ben 41 i medici indagati per truffa o falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici, nell’inchiesta chiamata in codice “Moliere”, e che si è “abbattuta” su parte del personale dell’Asp di Catanzaro (QUI).

Tutto è partito dalla segnalazione del dirigente del Servizio 118 nella quale denunciava come numerosi medici, in concomitanza con l’inizio del periodo di diffusione in Italia del Covid-19, ovvero nel marzo del 2020, si erano contestualmente assentati appunto per motivi di malattia, cosa che aveva inevitabilmente avuto delle ripercussioni sull’efficienza dell’attività di pronto soccorso.

LA "RIVOLTA" SU WHATSAPP

Le fiamme gialle - del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro - hanno così sequestrato i cellulari degli indagati e passato al setaccio le conversazioni che questi avevano tramite Whatsapp.

È da qui che gli inquirenti sono arrivati a ritenere che le patologie attestate nei certificati prodotti all’Azienda fossero del tutto inesistenti e che numerosi medici compiacenti si sarebbero prestati a diagnosticarle ai colleghi senza alcuna visita ma solo dopo una richiesta telefonica.

In particolare, poi, un primo nutrito gruppo di sanitari si sarebbe anche accordato per avviare un’autentica ritorsione ai danni dell’Asp dopo la loro sospensione e il contestuale recupero di una indennità speciale, che sarebbe stata riconosciuta illegittimamente per anni anche in corrispondenza delle giornate di ferie.

Gli operatori del 118 avrebbero creato un apposito gruppo Whatsapp, dove scambiarsi messaggi che inducessero alla protesta e sperando che i disservizi indotti dalla loro azione potessero portare al ripristino dell’indennità.

Alcuni sanitari avrebbero invece e deliberatamente deciso di assentarsi dal lavoro per paura di contrarre il Covid, o di trasmetterlo ai propri familiari, “sottraendosi così ai propri doveri nel primo periodo di massima diffusione della pandemia”, contestano gli investigatori.

Altri medici, poi, nonostante fossero ufficialmente in malattia, non avrebbero però avuto problemi a continuare ad esercitare l’attività professionale privata.

LE INDAGINI sono state condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Catanzaro, coordinati dal Procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, dall’Aggiunto Giulia Pantano e dal Sostituto Viscomi. Il sequestro preventivo è stato disposto dal Gip del tribunale locale.