I Molè: la ‘ndrangheta imprenditoriale alla conquista della Lombardia, 54 arresti

Reggio Calabria Cronaca

Finiscono in manette 54 persone nel blitz di questa mattina (LEGGI), eseguito dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia a Como, e riguardante le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia.

Una indagine complessa, svolta con il coordinamento della Dda di Milano e Reggio Calabria, che ha permesso di delineare lo sviluppo dell’organizzazione criminale negli ultimi 15 anni.

L’inchiesta, lunga e articolata, ha permesso di ricostruire la storia della presenza mafiosa tra le province di Como e Varese, evidenziando il carattere imprenditoriale e mettendo in luce la mimetizzazione e compenetrazione nel tessuto locale.

Gli arrestati, tutti di origine calabrese e ritenuti vicini alla cosca Molè di Gioia Tauro (QUI), sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetista, estorsione, bancarotta fraudolenta, usura, corruzione e traffico di stupefacenti.

I “PERIODI” CRIMINALI

L’indagine ha permesso di delineare tre distinti periodi, nel corso dei quali il sodalizio criminale si sarebbe focalizzato e dedicato prevalentemente a determinate attività.

Il primo va dal 2007 al 2010: anni caratterizzati da numerosi episodi estorsivi e conseguenti danneggiamenti. Tramite atti intimidatori gli uomini della cosca avrebbero dunque avvicinato imprenditori in difficoltà, assoggettandoli al loro controllo.

Condizione questa che gli avrebbe permesso di entrare in possesso, in caso di insolvenza, della gestione e del controllo di diverse attività economiche.

Tra il 2010 ed il 2019, invece, si registra un cambio di passo: non sarebbero state interrotte le estorsioni ma si sarebbe aggiunto il tassello della gestione economica e degli appalti.

Condizione molto remunerativa e poco rischiosa, vista la rete di imprenditori compiacenti, tramite i quali il sodalizio sarebbe riuscito ad appropriarsi di fondi da massimizzare poi tramite un articolato sistema di evasione fiscale.

Nello specifico, trattasi di appalti nel settore della pulizia di grandi imprese, ottenuti grazie alla collaborazione di un imprenditore a capo di diverse cooperative del ramo.

Infine, dal 2018 ad oggi oltre alle frodi fiscali ed alle estorsioni il sodalizio avrebbe ripreso le attività violente e di danneggiamento, a danno non solo di imprenditori ma anche di semplici cittadini.

IL CONTROLLO DEL TERRITORIO

Atteggiamento che ha permesso alla cosca di ottenere un controllo capillare del territorio, in particolare delle imprese ed attività economiche di ogni natura.

Gli uomini del clan sarebbero così entrati in possesso di attività di ogni tipo, spaziando dalla ristorazione al facchinaggio, dalla pulizia al trasporto: ognuna di queste veniva “spremuta” creando debito con l’erario, fino ad arrivare alla chiusura per fallimento.

La gestione di queste attività, se non per insolvenza, veniva ottenuta tramite atti intimidatori, o in alcuni casi tramite l’illecita concorrenza.

Il monopolio del sodalizio permetteva così lauti guadagni a tutti gli affiliati, che potevano contare sul sistematico ricorso a false fatturazioni.

LA BASE PER LO SPACCIO

La rete imprenditoriale, però, aveva anche un altro volto. Questa infatti oltre alla gestione del tessuto commerciale sarebbe stata dedita anche al traffico di stupefacenti, con particolari mire al cantone svizzero San Gallo.

Quest’ultimo viene definito dagli inquirenti come una vera e propria base logistica per il traffico di droga, e realizzata da alcuni soggetti vicini alla cosca insediatisi nel tempo.

L’obiettivo sarebbe stato quello di creare nuove locali di ‘ndrangheta sul territorio, mettendo in luce le mire espansionistiche del sodalizio.

In tal caso, hanno collaborato all’indagine l’Autorità Giudiziaria Italiana ed il Ministero Pubblico della Confederazione per la Svizzera.