La Settimana Santa rappresenta per la Comunità di Nocera Terinese, paese della Calabria in provincia di Catanzaro, il momento più atteso e suggestivo di tutto l’anno sia per la forte e sentita devozione alla Madonna Addolorata e sia per il rinnovo del rito secolare dei “Vattienti” che si flagellano pubblicamente nel corso della processione della Pietà lignea seicentesca, alcuni, la sera del Venerdì Santo e altri nella giornata del Sabato Santo.
I flagellanti, vestiti con un pantalone corto ed una maglietta di colore scuro e sulla testa una corona di spina poggiata su un panno di colore nero, legati da una lunga corda all’Ecce homo, che porta sulle spalle una croce di legno con i bracci obliqui avvolta da bende e nastri di tessuto scarlatto, si percuotono le cosce e le gambe fino a provocare una abbondante fuoriuscita di sangue. I Vattienti, si flagellano davanti alle porte della case di parenti, amici, chiese e ai piedi della Vergine Addolorata che alla fine viene baciata in segno di venerazione.
Ma quando nascono i Vattienti? Che giudizio esprime la chiesa?
Presumibilmente appartengono a un movimento religioso, sorto nel XIII secolo, che predicava l'imminenza del giudizio e dell'ira di Dio contro l'umanità corrotta e praticava pubblicamente l'autoflagellazione come modalità di espiazione dei peccati dell’umanità. La setta, fondata a Perugia dal mistico Raniero Fasani fra il 1259 e il 1260, comprendeva circa 10.000 membri, che percorrevano le città flagellandosi sulle spalle e invitando i presenti a pentirsi. Il movimento si diffuse ben presto in tutta Europa. Nel 1349 papa Clemente VI dichiarò i flagellanti eretici e si adoperò per disperderli. Una ripresa del movimento in Germania nei primi anni del XV secolo portò alla condanna definitiva dei flagellanti da parte del concilio di Costanza (1414-1418) che li dichiarò eretici.
A partire dagli anni 1950 vari sono stati i tentativi, anche con l’intervento della polizia, di sopprimere i Vattienti di Nocera Terinese. Ricordiamo gli interventi di Monsignor Eugenio Giambro, Vescovo di Nicastro che vietò tale forma di penitenza e del Vescovo di Tropea Monsignor Agostino Saba. I tentativi risultarono vani. In tempi più recenti un giudizio negativo risale a Monsignor Ferdinando Palatucci il quale giudicava il rito dei vattienti come “pagano e magico” e sperava che la situazione “incresciosa” potesse modificare attraverso un lungo lavoro di evangelizzazione.
Un miglioramento di giudizio si è avuto durante l’episcopato di Monsignor Vincenzo Rimedio, ancora oggi ricordato e stimato per la sua paterna saggezza pastorale, che, dopo aver incontrato alcuni vattienti, ha avuto parole di comprensione e ha sostenuto che “non si battono per esibizione ma per devozione o per soddisfare un voto (il voto è una promessa fatta al Signore o alla Madonna) e “in essi, perciò, c’è sempre un senso religioso che dobbiamo rispettare”. Un altro intervento autorevole è stato fatto dal Cardinale Ersilio Tonini che, tempo fa, nel corso di un interessante dibattito televisivo, ha dichiarato: “La flagellazione è quasi sempre voler partecipare alle sofferenze del Signore e i “vattienti” richiamano l’uomo a prendere coscienza di quanto Gesù ha sofferto per la salvezza dell’umanità. Dinanzi all’imperversare di delitti, vergogne e orrori, si sente il bisogno della penitenza per riconoscere Dio come Padre ed esprimere attraverso il corpo lo struggimento dell’anima. E’ questa, dunque, – ha concluso il Cardinale Tonini - una grande e vera modernità: la liberazione, la capacità di portare il proprio animo a non sentire più il peso del passato e recuperare energie da mettere a disposizione del bene comune”.