Aemilia, Franchini: “La mafia è radicata nell’autotrasporto. Cassazione conferma ma tutto tace”
"La sentenza della Cassazione di ieri ha chiuso il più grande processo all'Ndrangheta nel Nord Italia.(QUI) Da presidente nazionale della Cna Fita mi ero costituita parte civile in Aemilia: per il mondo dell'autotrasporto si era trattato di una novità assoluta. Mai era successo infatti che un presidente di questa categoria si costituisse parte civile in un processo per mafia, nonostante il mondo che rappresento sia da sempre oggetto di particolare attenzione da parte della criminalità organizzata. La Cassazione ha confermato le condanne agli imprenditori dell'autotrasporto coinvolti, oltre che la condanna a 3 anni all'ex vicepresidente della Cna di Reggio Emilia pure vicepresidente nazionale della sezione alimentari Cna, a testimonianza della correttezza di quella costituzione di parte civile. Purtroppo quella scelta ha contribuito a provocare una frattura insanabile con la Cna Fita e, dopo il riconoscimento del risarcimento di 40mila euro in primo grado, non mi risulta che l'associazione abbia continuato a seguire il processo. Cercando ovviamente di far passare in secondo piano la condanna di un dirigente di spicco dell'associazione".
A parlare è Cinzia Franchini, oggi presidente di Ruote Libere, associazione autonoma che unisce piccoli e medi imprenditori dell'autotrasporto.
"Spiace constatare quindi che, dopo la mia uscita, non si è trattato più un tema, quello del radicamento mafioso, che, al di là dei soliti rituali formali, rappresenta una piaga per il settore dell'autotrasporto - continua Cinzia Franchini -. E così il processo Aemilia pur avendo scattato una fotografia importante di un problema comunque noto, non ha cambiato la realtà, come confermano le stesse parole di Gratteri: “la mafia è ben inglobata nel nostro sistema economico ed è un problema che in fondo non è sentito come tale, nemmeno dai committenti, perché nel mondo dell'autotrasporto a farla da padrone è sempre solo il minor prezzo del servizio”.”
“Dunque, la lezione che traggo all'indomani della sentenza della Cassazione –avanza la presidente di Ruote Libere - è da un lato la soddisfazione per essermi spesa per una battaglia giusta, dall'altro l'amarezza per la constatazione di come il problema non interessi, non venga arginato in alcun modo e di come non sia cambiato nulla. Non solo, constato anche che nella mia Regione gli unici luoghi deputati alla denuncia, purtroppo, sono quelli che fanno parte di un ben preciso mondo dell'anti-mafia che potremmo definire 'istituzionale' e che se si è fuori da quel recinto si è di fatto esclusi. E' da queste riflessioni difficili ma inevitabili che – precisa Cinzia Franchini - è nata la scelta costruttiva di creare "Ruote Libere", una libertà prima di tutto da condizionamenti mafiosi e dalla illegalità e per la quale continuerò ad impegnarmi in futuro. Un esempio su tutti: da presidente nazionale della Fita non sono riuscita, per un voto, a far passare la modifica statutaria che avrebbe consentito più agevolmente future costituzioni di parte civile nei processi per mafia. Oggi – conclude - questa possibilità è uno dei punti fermi dello Statuto di Ruote Libere fortemente voluto da me e da chi ha deciso di condividere questo nuovo percorso".