Al Festival delle Erranze e della Filoxenia “Il custode delle parole” di Gioacchino Criaco
Sarà il narratore calabrese Gioacchino Criaco il protagonista del terzo evento del Festival delle Erranze e della Filoxenia. Domenica 19 giugno alle 18,30 presso l’agriturismo “La Rosa nel Bicchiere” di Soveria Mannelli sarà infatti presentato l’ultimo romanzo dello scrittore, in libreria proprio in questi giorni, dal titolo “Il custode della parole” edito da Feltrinelli.
Criaco è considerato ormai uno dei maggiori narratori italiani, divenuto famoso sin dal suo primo romanzo, “Anime nere” (Rubbettino 2008), da cui il famoso film omonimo (2014) di Francesco Munzi pluripremiato ai “David di Donatello”. A conversare con Criaco saranno Angela Sposato, Francesco Bevilacqua, Francesco A. Cuteri e Felice Foresta.
“Il custode delle parole” è ambientato in epoca moderna in Aspromonte, terra di origine di Gioacchino Criaco ed ispiratrice di altre sue opere fra cui lo stesso “Anime nere”, “Zefira” ed “American Taste” (tutti per Rubbettino), “Il saltozzoppo” e “La Maligredi” (per Feltrinelli), “L’ultimo drago d’Aspromonte” (per Rizzoli).
Con un linguaggio rapido e fluente, carico di suggestioni, venato di afflati a tratti immaginifici verso un’umanità alla ricerca di riscatto e verso una natura ed una cultura da sempre negate, il romanzo è la storia di un giovane, Andrìa, della sua famiglia, della sua comunità, della sua terra in bilico fra passato e futuro, memoria e creazione, identità ed ideazione.
Andrìa è uno dei tanti figli dei “piccoli luoghi” del Sud, costretti a lavori senza dignità per restare nella loro terra e sempre pronti a partire verso luoghi lontani pur di sfuggire alla precarietà ed all’incertezza.
Dall’incontro con un suo coetaneo migrante nord-africano salvato dai flutti del Mar Jonio, dalla relazione con una caparbia ragazza calabrese e dal rapporto profondo con il vecchio nonno che ancora si ostina a fare il pastore in montagna, Andrìa scioglierà il nodo della sua vita attraverso un’avvincente serie di avventure che hanno come sfondo i boschi, le gole, le fiumare, le rupi dell’Aspromonte; una montagna che Criaco declina sempre al femminile come l’incarnazione della Grande Madre che fu la più antica divinità del Mediterraneo e che sopravvive ancora, celata nel mito stesso di questo luogo leggendario.