Blitz a Mesoraca, tre i filoni d’indagine. Gratteri: “spazzatura nel cippato delle biomasse”
Sono tre i filoni di indagine sviluppati nell’operazione scattata stamani contro la “locale” di Mesoraca, nel Crotonese, (QUI), coordinata dalla Dda di Catanzaro e affidata ai carabinieri del Comando provinciale di Crotone, guidato dal tenente colonnello Gabriele Mambor, oltre che al Ros di Catanzaro, al comando del tenente colonnello Giovanni Migliavacca e al Nipaf di Cosenza, i carabinieri forestali, diretti dal tenente colonnello Vincenzo Perrone.
“Il punto di convergenza è la gestione del patrimonio boschivo nelle province di Crotone e Cosenza” ha dichiarato Mambor.
IL CONTROLLO DEI BOSCHI
Dodici in tutto le imprese coinvolte, tra queste anche quella dell’imprenditore del legname Carmine Serravalle, titolare della centrale a biomasse di Cutro, acquistata nel 2015 dal gruppo Marcegaglia.
E tra i beni sequestrati oggi su disposizione della Procura distrettuale antimafia è annoverata anche la Serra Valle Energy, l’impresa sotto la cui denominazione ricade ora la centrale di Cutro.
Inoltre, si profila il sequestro preventivo nei confronti di 8 imprese boschive della provincia di Crotone e 4 della provincia di Cosenza. Il valore complessivo dei sequestri si aggira sui 16 milioni di euro circa.
I carabinieri del Comando provinciale di Crotone, nel corso della conferenza stampa svoltasi a Catanzaro, si sono soffermati sulla ricostruzione del locale di ‘ndrangheta di Mesoraca che secondo gli inquirenti “è un’organizzazione criminale che si sviluppa attraverso il controllo del territorio attraverso il traffico di droga, la detenzione di armi, ma anche l’accaparramento di lavori pubblici, minacce a imprenditori e commercianti del territorio”.
Dalle indagini, ha spiegato Mambor, “emergono una serie di risultanze relative a imprenditori attivi nel settore boschivo. Sono imprese di natura familiare, talvolta intestate a prestanome, che operavano nel taglio e nel conferimento del legname".
Già nel corso dell’indagine Stige (QUI), il reparto anticrimine del Ros ha documentato come la ‘ndrangheta crotonese controllasse "il settore del disboscamento soprattutto del patrimonio boschivo silano attraverso una serie di condotte che andavano dall’estorsione, alle turbative d’asta fino a tutta una serie incontrollata e indiscriminata di tagli boschivi”.
LA TRUFFA SUL CIPPATO
Spazzatura e scarti come catrame e asfalto, copertoni, residui di lavori autostradali nel cippato conferito quindi alla centrale a biomasse di Cutro.
È quanto emerso dall’indagine dei carabinieri oggi, come noto, hanno eseguito misure cautelari a carico di 29 persone su 31, due sono irreperibili.
Le persone coinvolte sono considerate appartenenti a una organizzazione che controlla un vasto territorio della provincia crotonese e sono indagate a vario titolo per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni, traffico illecito di rifiuti, truffa ai danni del Gestore del Servizio Energetico nazionale (Gse), truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e indebita percezione.
L’accusa riguarda anche omessi controlli e vigilanza su attività d’impresa, turbata libertà degli incanti, concessione di sub appalti senza autorizzazione, frode in pubbliche forniture, falso, illecita concorrenza in attività commerciale, intestazione fittizia dei beni, furto aggravato, associazione per delinquere finalizzata al traffico, alla produzione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di essere un’associazione armata.
“In particolare, questi presunti innocenti hanno gestito il controllo dei boschi, il controllo della Presila, partendo dal Crotonese fino alla provincia di Cosenza” ha spiegato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, nel corso di una conferenza stampa.
“Loro - ha aggiunto Gratteri - hanno controllato per tanti anni il taglio dei boschi, il trasporto del legname, il conferimento alla centrale a biomasse di Cutro. Il dato anomalo è che per biomasse si intende la lavorazione dello scarto, del cippato della legna che dovrebbe trasformarsi in energia pulita”.
“Un’attività prevista per legge dove si ottengono milioni di euro di contributi. Ma, secondo l’imputazione, questi presunti innocenti nelle biomasse, nel cippato mettevano spazzatura, scarti come catrame e asfalto, copertoni, residui delle lavorazioni sull'autostrada” prosegue Gratteri.
“Questo, secondo l’indagine, ha creato grande inquinamento. Riuscivano in modo mafioso ad accaparrarsi il taglio dei boschi, a conferire a dei soci l'acquisto delle biomasse di Cutro e a inserire spazzatura nel cippato”, ha concluso il procuratore.