Dda: “gli appalti pubblici erano controllati dalla ‘ndrangheta”, una decina di indagati a Reggio

Reggio Calabria Cronaca

Concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e turbata libertà degli incanti, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Queste le accuse che la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria contesta a vario titolo a quatto persone - i fratelli Francesco, Giovanni e Filippo Gironda (di 74, 72 e 63 anni) e Antonio Mazzone (43) - che stamani si sono viste arrestare e porre ai domiciliari dagli uomini delle fiamme gialle che hanno anche eseguito il sequestro preventivo di undici imprese edili, per un valore stimato in oltre 10 milioni di euro. Nell’inchiesta risultano indagate altre dieci persone, tra cui funzionari del Comune capoluogo.

Secondo le indagini, condotte dal Gico, sarebbe esistita una cordata di imprenditori del settore edile, ritenuti contigui alla ‘ndrangheta e facenti capo a un unico gruppo familiare che secondo gli inquirenti “grazie a cointeressenze e corruttele di individuati funzionari” sarebbero riusciti, in una precedente amministrazione cittadina ad aggiudicarsi diverse commesse pubbliche.

L’ipotesi, in particolare, è che esistesse quello che i militari definiscono come un consolidato sistema illegale” che sarebbe stato fondato su ripetuti favoritismi durati nel tempo, in cambio di “utilità” corrisposte ai funzionari pubblici, “in un consolidato rapporto di do ut des”, scrivono gli inquirenti.

Sarebbero poi emerse delle gravi condotte da parte di un carabiniere, Mazzone, che si ritiene abbia consentito a uno degli indagati che era sottoposto ai domiciliari di disattendere sistematicamente le prescrizioni della misura cautelare.

Oltre a ciò, il graduato avrebbe fornito mezzi e apparecchiature tecniche per permettere ad altri indagati di eludere, tramite vere e proprie “bonifiche” ambientali, eventuali attività di intercettazione a loro carico. Il militare è finito anch’egli ai domiciliari, provvedimento che è stato eseguito con il supporto dei suoi carabinieri di Vibo Valentia.

L’operazione – chiamata in codice “Revolvo” - e le indagini sono state condotte dei finanzieri del Comando Provinciale della città dello Stretto, sotto il coordinamento Dda locale, diretta da Giovanni Bombardieri. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal Gip del Tribunale cittadino.