Gratteri: “l’intelligence è fondamentale, per contrastare le mafie c’è bisogno di hacker”
“Le mafie minaccia alla sicurezza nazionale” è il titolo della lezione tenuta da Nicola Gratteri, Procuratore della Procura della Repubblica di Catanzaro, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Il magistrato antimafia ha iniziato la lezione con la narrazione di un evento storico di grande importanza per la ‘ndrangheta, ovvero il summit del 1969 a Montalto, al quale parteciparono varie famiglie riunite per stabilire un concetto fondamentale: l’unitarietà della organizzazione.
I partecipanti alla riunione però non sapevano di essere ascoltati e controllati dalle forze dell’ordine, avvertite da una soffiata effettuata dalle famiglie di Reggio Calabria. Questa circostanza consentì l’arresto di oltre 70 capimafia e l’ottenimento della certezza investigativa relativa all’unitarietà della ‘ndrangheta.
Tale concetto, pur rappresentando un vero e proprio “spartiacque tra vecchia e nuova ‘ndrangheta”, verrà però formalizzato giudizialmente solo nel 2010 con la pubblicazione della sentenza relativa all’operazione “Crimine”.
Il Procuratore si è poi soffermato sull’importanza e sull’evoluzione storica della “Santa”, introdotta dall’organizzazione criminale a metà degli anni Settanta per consentire ad alcuni loro affiliati di aderire alla massoneria deviata.
Nonostante le polemiche ed i disaccordi all’interno dell’organizzazione sui doveri del santista, principalmente sollevati dai capimafia Domenico Tripodo ed Antonio Macrì relativi alla preminenza degli interessi della Santa sugli interessi della ‘ndrina, l’istituzione della Santa determinò un’indubbia evoluzione, stravolgendo i paradigmi dell’organizzazione.
Con il passaggio alla Santa, già c’era nella testa degli strateghi della ‘ndrangheta il concetto di mafia unica e soprattutto avviene un cambiamento dei riferimenti che, da ora in poi, non saranno più i santi cattolici protettori, bensì dei personaggi di rilievo dell’epoca rinascimentale e massoni, come Garibaldi, Mazzini e Cavour.
Il nuovo riferimento simbolico da ora in poi infatti sarà la massoneria, e ciò comporterà un’evoluzione da meri esecutori a veri e propri decisori.
Gratteri sottolinea quindi attraverso la Santa gli ‘ndranghetisti entrano in contatto con professionisti, pubblici amministratori, bancari e anche con magistrati.
Nascono, quindi, “nuove regole e nuovi livelli” che prevedono che chi sta sopra possa sapere cosa avviene nei livelli sottostanti, ma non viceversa.
Si è trattato di un vero e proprio “salto di qualità che ha fatto entrare la ‘ndrangheta nella stanza dei bottoni”, in modo non solo di decidere chi debba vincere gli appalti, ma persino se e quali opere debbano essere costruite.
Gratteri ha poi evidenziato come per i decenni successivi si è continuato a considerare la ‘ndrangheta una mafia poco influente. Ciò le ha permesso di crescere come una “forma parassitaria all’interno del sistema legale”, continuamente in cerca del consenso sociale per far riconoscere potere e prestigio.
Questo è avvenuto, per esempio, tramite l’acquisto di squadre di calcio o diventando imprenditori di successo grazie a operazioni di riciclaggio, rese possibili dalla collaborazione con commercialisti e professionisti capaci.
Il Procuratore ha quindi sottolineato come la ‘ndrangheta, nel perseguire “una forma di investimento e di pubblicità” si sia dimostrata estremamente generosa con la Chiesa, con molteplici azioni finalizzate a donare soldi per ottenere prestigio e consenso.
Gratteri si è poi soffermato sulle modalità di ricerca di potere e credibilità anche tramite la politica, sottolineando che “i mafiosi vivono tra di noi, ci assomigliano sempre più e vivono nel territorio. Votano e fanno votare, chiedendo il consenso elettorale” in modo da acquisire crediti per cogestire la cosa pubblica.
È stato affrontato, quindi, il tema delle estorsioni e dell’usura, azioni tramite le quali le mafie “marcano il territorio” per delimitare il confine del locale di ‘ndrangheta.
Tali metodi vengono utilizzati come veicolo per il riciclaggio tramite lo sfinimento dell’usurato che viene obbligato a cedere l’attività di sua proprietà, che verrà utilizzata per produrre false fatturazioni, garantendo al mafioso di riuscire a pagare le tasse e giustificare la propria ricchezza, che poi investe in altre attività o che gli permette di fare una vita lussuosa.
Il Procuratore si è allora soffermato sulle modalità operative mafiose sempre più complesse e raffinate, che rendono difficoltoso provare sul piano investigativo il contrasto a tali attività criminali.
A tale riguardo ha sottolineato anche il “lento sgretolamento delle azioni antimafia” che depotenzia la possibilità di agire nel contrasto alle mafie, anche a causa del numero non adeguato di magistrati e di forze dell’ordine.
Inoltre, le sfide odierne richiederebbero l’assunzione di hacker ed ingegneri, per un contrasto adeguato alle mafie che operano sempre di più attraverso il mondo digitale. Tale criticità risulta di particolare gravità a fronte delle ingenti somme messe a disposizione con il PNRR.
Gratteri ha quindi rilevato la necessità di investire in istruzione anche per rendere più efficace il contrasto alle mafie. Ha sottolineato come sia apparentemente più facile gestire “il popolo ignorante” e come il drastico abbassamento di etica e morale nella cultura occidentale “ci rende molto deboli, con il rischio di essere fagocitati da culture più forti, come quella musulmana e quella cinese”.
Stimolato dalle numerose domande degli studenti, il Procuratore ha affrontato numerose tematiche, legate anche a episodi di cronaca come quella relativa al mantenimento dell’anarchico Cospito al regime del 41bis.
Gratteri ha sottolineato che, a suo parere, il Ministro della Giustizia abbia fatto bene a confermare il 41bis “per non cedere al ricatto e non permettere agli altri di percorrere la stessa strada”.
“Bisogna verificare - ha aggiunto - che non siano le mafie ad appoggiare tale operazione e che non siano loro a sovvenzionare anche le manifestazioni fuori dal carcere”.
A proposito di carceri, Gratteri le ha definite “una miniera dal punto di vista informativo”, rilevando la necessità di aumentare gli agenti della Polizia Penitenziaria preposti al monitoraggio dei detenuti mafiosi.
Secondo il parere del procuratore di Catanzaro, la DIA dovrebbe essere dismessa, prevendendo il ritorno dei singoli appartenenti alle forze di polizia di provenienza, trattandosi di una struttura che svolge il medesimo compito dei reparti investigativi.
A riguardo, Gratteri ritiene maggiormente utile uno sforzo di ulteriore specializzazione dei reparti, come quelli che si occupano dei controlli informatici, per ottenere un significativo risparmio di risorse, dando nel contempo maggiore enfasi al lavoro delle singole forze di polizia italiane, che sono “tra le migliori polizie del mondo”.
In merito all’intelligence, ha sottolineato il grande contributo che i Servizi danno al Paese, contrariamente ad una idea diffusa che essi operino sempre in modo opaco.
Per Gratteri, è sbagliato l’approccio da parte di alcuni commentatori nel descriverli poiché “sono indispensabili per l’esistenza stessa del Paese e mai dovrebbe essere messa in discussione la loro funzione”.