‘Ndrangheta nel Milanese. Locale di Rho: in 47 mandati a processo

Calabria Cronaca

Quarantasette indagati nell’ambito dell’operazione chiamata in codice Vico raudo” (QUI), scattata a fine novembre scorso nel milanese, andranno a processo con rito immediato.

È quanto ha deciso il Gip del tribunale di Milano, Stefania Donadeo, che ha accolto la richiesta avanzata dall’accusa, rappresentata del Pm Alessandra Cerreti. Ora le difese potranno chiedere il rito abbreviato.

Al banco degli imputati dovrà anche comparire il presunto boss della cosiddetta locale di Rho, Gaetano Bandiera (74 anni), condannato a più di 13 anni nell’ambito della nota inchiesta “Infinito” (QUI), risalente al 2010, difeso dall’avvocato Amedeo Rizza.

Bandiera sarebbe riuscito ad ottenere il differimento pena e ad uscire dal carcere simulando delle difficoltà motorie e, secondo l’accusa, avrebbe tentato di ricostruire il clan: “La legge è tornata, la 'ndrangheta è tornata a Rho” diceva in una intercettazione captata dagli investigatori.

Con l’operazione Vico Raudo, per il presunto boss - che avrebbe la dote superiore della Santa e che avrebbe mantenuto rapporti con gli altri capi della ‘ndrangheta in Lombardia – si erano spalancate di nuovo le porte del carcere (QUI).

Insieme a Gaetano Bandiera è imputato anche il figlio Cristian e, tra gli altri, Caterina Giancotti, 45 anni (difesa dall'avvocato Nicolò Pugno Vanoni) considerata il suo braccio destro nella direzione della cosca. Per la prima volta in Lombardia si sarebbe quindi individuata una donna tra i capi di una presunta associazione mafiosa: “Vuoi che divento cattiva ed io divento cattiva”, diceva Giancotti in una intercettazione.

L’inchiesta dell’anno scorso, coordinata dalla Dda di Milano e condotta dalla Squadra mobile del capoluogo lombardo, aveva dunque

Inferto un duro colpo alla locale di Rho, descritta dagli inquirenti come una struttura mafiosa pervasiva e fortemente legata ai segni e ai simboli tipici della ’ndrangheta.

Un’organizzazione che non si sarebbe fatta scrupolo di utilizzare le armi delle intimidazioni e delle estorsioni, così come di usare violenza fisica e minacce. Tra le accuse contestate agli indagati anche il traffico di droga e la detenzione e porto illegale di armi.