Gratteri: la ‘ndrangheta vota e fa votare, parte attiva nelle decisioni

Reggio Calabria Cronaca
Nicola Gratteri

Nell'ultimo anno a Reggio Calabria sono stati arrestati diversi politici con l'accusa di associazione mafiosa e corruzione elettorale. Dall'ex sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni al consigliere regionale Santi Zappala' (per il quale e' stata avanzata la richiesta di pena a quattro anni di reclusione), fino alla recentissima operazione che ha portato in manette il sindaco di Marina di Gioiosa Jonica Rocco Femia e tre assessori della sua giunta. Si ripropone il problema della prevenzione nella composizione delle liste. Molti partiti si sono attrezzati con codici etici di autoregolamentazione ma ''sono rimasti sulla carta'', dice all'ADNKRONOS il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Il magistrato ripete da tempo che ''la 'ndrangheta da sempre vota e fa votare, non ha colore politico. Non e' di destra o di sinistra. La 'ndrangheta punta su un cavallo, molte volte decide il candidato. Non aspetta che si formino le griglie per poi scegliere chi votare, la 'ndrangheta e' parte attiva del processo decisionale''. Secondo Gratteri ''questo e' l'aspetto drammatico che dovrebbe far riflettere la politica, piu' che indignarsi o criticare quello che, con i mezzi che hanno, stanno facendo la magistratura e le forze dell'ordine. Per mezzi intendo sia quelli normativi che materiali, operativi''. Il magistrato Nicola Gratteri ha riportato, in diversi interventi, due paradossi. Il primo e' aver fatto condannare per sei volte lo stesso imputato. L'altro e' che nessun componente della famiglia Aquino, riconosciuta come egemone nel narcotraffico internazionale, ha mai avuto una condanna per l'accusa di associazione mafiosa. ''Il reato di 416 bis cosi' com'e' strutturato -spiega il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria- da' ampissimi margini di potere discrezionale. Quindi, al netto, questi 'ndranghetisti stanno in carcere sei o sette anni. Non e' un deterrente, non bastano sei anni per rieducare un mafioso. Le pene sono ridicole''. Gratteri racconta ''quando una persona legge che e' imputata per 416 bis tira un sospiro di sollievo perche' calcola che dopo pochi anni esce. Se invece e' imputato per l'art.74 (sostanze stupefacenti) o per omicidio allora si preoccupa seriamente. In questo caso anche il piu' duro dei mafiosi sbianca''. Sulla nuova stagione del pentitismo, che nel 2010 ha segnato un apprezzabile aumento di collaboratori di giustizia a Reggio Calabria, Gratteri afferma che e' un fatto importante ma ''non e' una novita' assoluta perche' anche dieci anni fa, negli anni Novanta, abbiamo avuto fino a cinquanta collaboratori di giustizia. E' certo un segnale buono, positivo. Ci aspettiamo -auspica- che collaborino 'ndranghetisti di piu' alto livello per poter creare uno squarcio piu' incisivo nelle famiglie di elite della 'ndrangheta''. Anche ''qualcosa in piu''' di Antonino Lo Giudice, che si e' autoaccusato delle bombe alla procura generale di Reggio Calabria e all'intimidazione al procuratore Giuseppe Pignatone.