Dia. ‘Ndrangheta dominatrice assoluta: i nuovi business sono consenso, Pnrr e Recovery Fund

Calabria Cronaca

Le mafie prediligono agire negli ambiti illeciti che creano minore allarme e riprovazione sociale ma che generano importanti profitti che poi, gradualmente, vengono immessi nei circuiti legali con dei conseguenti effetti distorsivi delle regolari dinamiche dei molteplici mercati.

È questo uno dei dati importanti che emergono dalla Relazione semestrale (QUI) della Dia, la Divisione Investigativa Antimafia, presentata dal Ministro dell’Interno e relativa ai fenomeni di criminalità organizzata del II semestre del 2022.

L’analisi - realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e che è stata pubblicata sul sito del Senato – mette in evidenza ancor di più come le mafie, “nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti”, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza e delle intimidazioni, sempre più residuali, con strategie di infiltrazione silenziosa e con pratiche corruttive.

Secondo gli specialisti della Dia, dunque, la criminalità organizzata preferisce rivolgere le sue attenzioni sempre più ad ambiti affaristico-imprenditoriali, approfittando della disponibilità degli ingenti capitali che è stata capace di accumulare con le “tradizionali” attività illegali.

Per gli investigatori si tratta di “modi operandi” dove si cerca sia di rafforzare i vincoli associativi col perseguimento del profitto e la ricerca del consenso, approfittando della forte sofferenza economica che caratterizza alcune aree, sia di stare al passo con le più avanzate strategie di investimento, riuscendo a cogliere anche le opportunità offerte dai fondi pubblici nazionali e comunitari, come ad esempio il Recovery Fund ed il PNRR.

LA CAPACITÀ DI RESILIENZA

Come di consueto e con la usuale attenzione alle evoluzioni ed alle trasformazioni delle organizzazioni mafiose, la Relazione della Dia propone, la descrizione del quadro criminale - anche schematizzata con l’ausilio di mappe esplicative della sua evoluzione e riproducenti le presenze dei principali gruppi attivi - senza tralasciare gli importanti, ulteriori elementi informativi contenuti nei provvedimenti di scioglimento degli Enti Locali.

L’elaborato si sofferma, peraltro, sulla resilienza della criminalità organizzata e sulla capacità di cogliere celermente le trasformazioni tecnologiche e dei fenomeni economico-finanziari su scala globale, sfruttando ogni opportunità di profitto e realizzando una notevole espansione speculativa.

Speculazioni che fanno anche uso di strumenti connessi al metaverso, alle piattaforme di comunicazioni criptate e in generale al web (sia internet che il dark web) e ad altri settori del mondo digitale meno conosciuti.

LE COMUNICAZIONI CRIPTATE

Al riguardo, il documento illustra il percorso di intensificazione della cooperazione internazionale sempre avvalendosi dell’importante progetto della Rete Operativa Antimafia @ON, di cui la DIA è ideatore, promotore e Project Leader.

Il progetto ha visto un’ulteriore espansione grazie alla disponibilità presso Europol di dati provenienti proprio dalle piattaforme di comunicazioni criptate, sequestrate da varie Autorità Giudiziarie estere, che hanno permesso di ricostruire ampie dinamiche criminali orchestrate da organizzazioni ben strutturate e ramificate non soltanto all’interno dell’Unione Europea.

L’utilizzo sempre più diffuso delle comunicazioni criptate rappresenta una sfida attuale e futura che la tecnologia offre di continuo e che in futuro potrebbe essere affiancata dal diffondersi su scala globale del metaverso, scenario rispetto al quale l’Europol ha già evidenziato le potenzialità criticità cercando di veicolare alle Forze dell’ordine dell’Unione Europea le raccomandazioni su quello che potrebbe accadere e come adattarsi e prepararsi all’intervento operativo nel nuovo contesto.

Proprio in considerazione del sempre più diffuso ricorso a questa tecnologia da parte dei gruppi criminali, la Relazione contiene uno specifico Focus di approfondimento sulle piattaforme di comunicazione criptate.

L’INTEGRAZIONE DEI GRUPPI ALBANESI

Un ulteriore Focus, poi, è dedicato ai gruppi di criminalità albanese che nel tempo si sono integrati con la delinquenza locale, diventando, non solo in Italia, una delle più complesse e articolate espressioni nello scenario della criminalità, quali partners e fornitori di servizi criminali per altri gruppi, forti di una reputazione di notevole affidabilità, soprattutto per il narcotraffico.

L’ingente disponibilità di denaro, inoltre, permette alle mafie albanesi di poter disporre di sofisticate attrezzature tecnologiche ed informatiche per eludere il contrasto da parte delle Autorità di polizia e giudiziarie, rendendo sempre difficoltoso ed impegnativo lo sforzo investigativo.

Con riferimento infine all’azione di prevenzione, la DIA ha continuato a garantire il constante monitoraggio dei flussi finanziari finalizzato ad individuare e recuperare patrimoni accumulati illecitamente dalle mafie, anche fuori dai confini nazionali.

Su questo fronte sono stati sequestrati beni per oltre 31 milioni di euro, mentre ammonta a più di 181 milioni il valore di quelli confiscati. Nello stesso periodo sono state 684 le imprese monitorate, 41 i cantieri di altrettante imprese controllate, 350 le interdittive antimafia e più di 80mila le segnalazioni per operazione sospette analizzate.

IN CALABRIA “SITUAZIONE” STABILE

Entrando nel dettaglio della criminalità calabrese, secondo i dati emersi nelle relazione, nella nostra regione la situazione permarrebbe sostanzialmente immutata rispetto al precedente periodo dell’anno.

“Sul piano strutturale – sostengono gli investigatori - la ‘ndrangheta si conferma un’organizzazione a struttura unitaria, governata da un organismo di vertice, la cosiddetta ‘provincia’ o ‘crimine’, sovraordinato a quelli che vengono indicati come ‘mandamenti’ che insistono in tre macroaree geografiche (il mandamento centro, quello jonico e quello tirrenico) e al cui interno operano le locali e le ‘ndrine, assetto ribadito anche dalle pronunce definitive emesse all’esito del noto processo Crimine (QUI)”.

Tuttavia, gli elementi emersi dalle inchieste concluse nello stesso periodo, nel prosieguo, hanno mostrato alcuni aspetti d’interesse che, da un’attenta analisi, potrebbero rivelare possibili evoluzioni dei gruppi ‘ndranghetisti avvenute nei vari contesti di riferimento.

Fuori dalla regione d’origine, le cosche calabresi, oltre ad infiltrare significativamente i principali settori economici e produttivi, replicano i modelli mafiosi basati sui tradizionali valori identitari, con “proiezioni” che fanno sempre riferimento al Crimine, come organo unitario di vertice, che adotta ed impone le principali strategie, dirime le controversie e stabilisce la soppressione o la costituzione di nuove locali.

Le inchieste ad oggi concluse, infatti, hanno permesso di individuare nel Nord Italia 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, ed una ciascuna in Veneto, in Valle d’Aosta ed in Trentino Alto Adige. Più di recente, anche in Emilia Romagna le attività d’indagine hanno gradualmente disvelato una ragguardevole incisività della ‘ndrangheta.

LA DROGA, I BOSCHI E LE GUARDIANIE

Quello degli stupefacenti rimane sempre il settore di primaria importanza per la ‘ndrangheta. Nell’ambito del narcotraffico globale le ‘ndrine calabresi occupano ormai da tempo un riconosciuto ruolo di universale livello poiché affidabili sul piano criminale, solvibili su quello finanziario e capaci di gestire una complessa e affidabile catena logistica per il trasporto transoceanico, dai Paesi sudamericani verso l’Europa, dei carichi di droga.

Negli ultimi anni, anche alcune aree dell’Africa occidentale e, in particolare, la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, sono divenute per le cosche uno snodo logistico sempre più strategico per i traffici di stupefacenti.

Inalterata anche l’operatività dei calabresi nel controllo e nella gestione del patrimonio boschivo e della guardiania, tramite l’imposizione del pizzo anche sulla compravendita dei terreni, guardiania peraltro abusiva ed attività illecita già emersa in pregresse indagini.

LA CAPACITÀ MILITARE

“In ragione della coesa struttura, delle sue capacità ‘militari’ e del forte radicamento nel territorio - scrivono gli investigatori nella relazione - la ‘ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le Regioni (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna)”.

Proiezioni che si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (come Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania e Romania), il continente australiano e quello americano (Canada, Usa, Messico, Colombia, Brasile, Perù, Argentina, Australia, Turchia ed Ecuador).