Inchiesta “Nuova Linea”, 14 condanne e 4 assoluzioni per il clan di Scilla

Reggio Calabria Cronaca

Quattordici persone condannate, altre quattro assolte: erano alla sbarra nell’ambito dell’inchiesta chiamata in codice Nuova Linea(QUI), blitz che nel settembre del 2022 inflisse un duro colpo alla cosca Nasone-Gaietti di Scilla (QUI), nel reggino, e che portò l’anno scorso anche allo scioglimento dello stesso Comune per presunti condizionamenti mafiosi (QUI).

Il Gup Margherita Berardi ha dunque inflitto le pene più pesanti per Giuseppe Fulco, condannato a 20 anni di reclusione; e per Antonino Nasone, 15 anni, un mese e dieci giorni di carcere.

11 anni, due mesi e venti giorni, invece per Alberto Scarfone; 10 anni e otto mesi ciascuno, per Angelo Carina e Fortunato Praticò; 6 anni e otto mesi per Domenico (cl. ’69) e Rocco Nasone.

Inflitti poi 3 anni e 8 mesi a Rocco Delorenzo; 3 anni a Rocco Gaietti; 2 anni e 4 mesi ciascuno a Giovanni Cardillo, Cosimo Gaietti e Vincenzo Gaietti. Infine, 2 anni e 2 mesi a Giuseppe Artieri e 2 anni a Domenico Nasone (cl. ’83).

L’indagine che portò all’operazione Nuova Linea fotografò, secondo gli inquirenti, il controllo sul territorio di Scilla della la cosca Nasone-Gaietti. Un clan la cui esistenza sarebbe stata ormai confermata in diversi procedimenti penali come le inchieste “Cyrano”, “Alba di Scilla” (QUI) e “Lampetra” (QUI).

Dall’inchiesta emerse la figura, ritenuta centrale, di Giuseppe Fulco (nipote del defunto Giuseppe Nasone) che, tornato libero nel 2018 e sottoposto a Sorveglianza Speciale, sarebbe salito al vertice della cosca, ricevendo anche la consacrazione della cosca Alvaro di Sinopoli (QUI), e dando così vita, appunto, ad una “nuova linea” di ‘ndrangheta, un nuovo assetto criminale nel territorio scillese.

Gli inquirenti sostennero che l’organizzazione avesse “taglieggiato” imprenditori coinvolti nell’esecuzione di lavori pubblici ed esercizi commerciali, imponendo la fornitura di prodotti commercializzati da imprese governate di nascosto da alcuni presunti appartenenti allo stesso clan.

Nell’inchiesta finì indagato anche il sindaco di Scilla Pasqualino Ciccone, a cui si contestò lo scambio elettorale politico-mafioso.