Tra fatture false e “cartiere”: le cosche cutresi e l’assalto all’economia emiliana, ma non solo

Crotone Cronaca

Sono stati circa 350 i militari impegnati nella vasta operazione svolta questa mattina in 9 regioni e partita dall'Emilia Romagna: parliamo dell'inchiesta Minefield (LEGGI), che vede 108 indagati a vario titolo (26 dei quali ritenuti appartenenti ad una associazione a delinquere) per reati tributari e nel settore fiscale, ma anche estorsione, riciclaggio ed auto-riciclaggio dei proventi illecitamente ottenuti, nonché bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche ed appropriazione indebita.

Sono 15 le misure cautelari eseguite, di cui 5 arresti in carcere, 7 ai domiciliari, un obbligo di dimora e tre interdittive, due delle quali nei confronti di professionisti.

Emersa una sostanziale infiltrazione nel tessuto economico locale, gestito dal sodalizio al quale vertice vi sarebbero dei soggetti originari di Cutro, assieme a professionisti calabresi e campani nonché soggetti originari di Reggio Emilia e della provincia foggiana.

Si è reso necessario anche un arresto in flagranza per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, in quanto rinvenuti durante una perquisizione 18 chili di hashish e 4 di marijuana. Sequestrati anche preziosi ed orologi di valore.

UN SISTEMA BEN RODATO

Le indagine avrebbero fatto emergere come il core business criminale fosse indirizzato prevalente alla commissione di reati tributari, mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, con una costante crescita degli “utilizzatori”, coinvolti nell’articolato sistema di frode fiscale.

L’organizzazione avrebbe, inoltre, gestito un imponente giro d’affari nel più ampio settore delle prestazioni di servizi, come la cantieristica e la manutenzione di macchinari industriali e le pulizie, oltre che nel settore del noleggio di autovetture e del commercio all’ingrosso.

Nello specifico, secondo gli investigatori il presunto meccanismo fraudolento prevedeva la creazione di società cartiere o l’acquisizione di società realmente esistenti poi destinate alla emissione di fatture false, che venivano intestate principalmente a prestanome, che agivano sotto le direttive loro impartite dai capi dell’organizzazione.

Venivano quindi individuate ditte compiacenti i cui titolari effettuavano bonifici pari all’importo delle fatture ricevute sui conti correnti riferibili alle società del sodalizio, denaro che successivamente veniva - sia attraverso numerosi prelievi giornalieri, sia attraverso bonifici o emissione di assegni - riconsegnato agli stessi fruitori delle fatture emesse per operazioni inesistenti, al netto della percentuale stabilita per il “servizio”.

Scoperto come il sodalizio criminale abbia realizzato anche sistemi di frode al welfare statale, mediante la richiesta e la percezione illecita dell’indennità di disoccupazione, per un valore di circa 60 mila euro, mentre continuavano illecitamente a porre in essere le proprie attività criminose ed a gestire il proprio giro d’affari.

Alcune delle “società cartiere” avrebberio anche ed indebitamente fatto ricorso ai contributi pubblici stanziati durante l’emergenza pandemica da Covid-19, per un importo di circa 72 mila euro.

IL DENARO RIPULITO ALL'ESTERO

Nel corso delle investigazioni, è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall’organizzazione in molti casi, infatti, i proventi ottenuti illecitamente sarebbero stati fatti confluire, attraverso un sistema di scatole vuote, prevalentemente verso il territorio bulgaro; da qui, il denaro sarebbe stato inviato su ulteriori conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia.

In altri casi, l’organizzazione criminale, per “ripulire” il denaro illecito e reintrodurlo nei circuiti dell’economia legale nazionale, lo reinvestiva nell’acquisto di diamanti o preziosi ovvero in autovetture di lusso, acquistate in territorio austriaco e poi noleggiate sul territorio reggiano, attraverso società riconducibili all’organizzazione.

Complessivamente, l'emissione di fatture false avrebbe permesso di accumulare circa 4 milioni di euro, mentre l'intero sistema di evasione sistematica dell'Iva, portato avanti da almeno 69 società coinvolte, avrebbe provocato un danno stimato alle casse dell'erario di circa 6 milioni.