‘Ndrangheta. Processo Costa Pulita: venticinque condanne, sette le assoluzioni

Vibo Valentia Cronaca

Venticinque condanne, sette assoluzioni e tredici non doversi procedere: un totale di pene inflitte per 140 anni di carcere. È quanto deciso dai giudici del tribunale di Vibo Valentia a carico dei 45 imputati nel filone ordinario del processo scaturito dall’inchiesta Costa Pulita (QUI) e ritenuti ai vertici o comunque gregari della cosche Accorinti di Briatico, Mancuso di Limbadi e il Grande di Parghelia, finiti in manette nel blitz della Dda scattato nell’aprile del 2016 (QUI).

Alla sbarra, però, ci sono anche ex amministratori comunali, rappresentanti di uffici tecnici di enti locali, come anche imprenditori: le accuse contestate, e a vario titolo, vanno dalla associazione mafiosa all’estorsione, dall’usura al concorso esterno, dai danneggiamenti alle detenzione illegale di armi, passando poi dall’intestazione fittizia di beni e società alla corruzione elettorale, per finire alle ingerenze negli appalti pubblici e agli appalti truccati. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

La pena più pesante, ovvero a 13 anni e 8 mesi di reclusione, è stata comminata a Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, ritenuto il boss dell’omonima cosca di Limbadi.

Sei anni e mezzo, invece, sono stati inflitti a Domenico Mancuso, figlio di Peppe Mancuso, meglio noto come “mbrogghja”. Mano pesante anche per Domenico Marzano, ex assessore comunale di Briatico che è stato condannato a 9 anni e 2 mesi; 5 anni invece la pena decisa per il figlio del defunto boss Pino Bonavita, Armando.

Riconosciuto il risarcimento del danno, da liquidarsi in sede civile, nei confronti delle parti civili tra cui vi sono l’Associazione antiracket e antiusura della provincia di Vibo Valentia, il Ministero dell'Interno, il Commissario straordinario del governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, la Regione Calabria, la Provincia e il Comune di Vibo e i Comuni di Parghelia e Briatico.
Il 12 gennaio scorso, l’accusa, rappresentata dal Pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, Annamaria Frustaci, aveva chiesto condanne per ben trecento anni di carcere. In abbreviato, il processo d’appello si è concluso con 22 condanne e 7 assoluzioni.