Sgominato gruppo terroristico turco, 19 arresti: blitz anche nel crotonese
Un blitz scattato nella notte scorsa ed in contemporanea in Italia ed Europa, ha consentito alla Polizia e alla Guardia di finanza di eseguire diciannove arresti nei confronti di altrettante persone, dimoranti sia nel nostro Paese che in Svizzera, Germania e Turchia, indagate a vario titolo di associazione a delinquere aggravata anche dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un gruppo dalle finalità terroristiche ed a commettere attentati terroristici, e quindi di detenzione e porto illegale di armi “micidiali” e di esplosivi, di traffico internazionale di stupefacenti, di omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Le indagini svolte sul territorio nazionale sono state eseguite grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuate nei confronti del presunto gruppo criminale ma anche facendo ricorso a dei complessi servizi di osservazione e pedinamento effettuati in Italia con uno scambio informativo tramite l’Interpol, la Polizia di Stato e quella turca del Kom.
L'operazione, che è ancora in corso, sta coinvolgendo centinaia di agenti impegnati tra la Svizzera e l’Italia tra cui personale della Squadra Mobile di Como, del Servizio Centrale Operativo di Roma, della Sezione Investigativa dello Sco di Milano e di Brescia, delle Mobili di Catania, Crotone, Verona, Viterbo, delle Uopi, le Unità Operative di Primo Intervento, del Reparto Prevenzione Crimine “Lazio” e “Lombardia”, della la Guardia di Finanza di Milano e Roma, delle unità cinofile di Roma, del l° reparto Volo della Capitale e della Polizia Scientifica delle città interessate.
IL PRESUNTO BOSS IN CALABRIA
Al centro dell’inchiesta c’è Baris Boyun, 40enne ritenuto il boss del gruppo turco, e tra gli uomini più ricercati dalle autorità di Ankara. Dopo esser stato arrestato a Milano, a gennaio scorso, quando fu trovato in auto con la moglie in possesso di una pistola, dal 2 febbraio successivo è stato ai domiciliari, col braccialetto elettronico, a Crotone, in Calabria, da dove si sospetta continuasse a dirigere e coordinare la sua rete che agiva in Europa.
Lo stesso 40enne, nella notte dello scorso 18 marzo, sempre a Crotone, ha anche subito un attentato: due sconosciuti hanno fatto irruzione nel palazzo in cui risiedeva e fatto fuoco contro la porta di casa.
Secondo la polizia Boyun avrebbe poi pianificato un attentato contro colui che riteneva il mandante del suo omicidio, piano però sventato dalla tempestiva comunicazione della polizia italiana alle autorità turche. Da Crotone, Boyun era stato successivamente trasferito nel Viterbese, dove stamani è stato nuovamente arrestato.
Sulla sua testa pende un mandato di cattura internazionale del governo del suo paese con le accuse di omicidio, minacce, lesioni, associazione a delinquere e violazione sulla legge sul possesso di armi.
Fermato la prima volta a Rimini, nel 2022, Boyun si era professato un perseguitato politico di origini curde, e aveva anche chiesto la protezione internazionale all'Italia.
La Turchia ne aveva poi richiesto l’estradizione, rigettata prima dal tribunale di Bologna e in seguito dalla Corte di Cassazione.
L’INDAGINE
L'indagine di oggi parte nell’ottobre scorso a seguito dell’arresto di tre soggetti ritenuti far parte dell’organizzazione che stavano cercavano di raggiungere la Svizzera e che furono trovati in possesso di due pistole, di cui una clandestina, di munizioni e di materiale di propaganda. Si scoprì poi che stavano facendo da scorta proprio a Boyun ed alla sua compagna che viaggiavano invece su un’altra auto.
L’ipotesi degli inquirenti è che il presunto boss gestisse l’ingresso dei migranti dalla rotta Balcanica, così come fosse il mandante dell’omicidio di un suo concittadino avvenuto il 10 marzo scorso; inoltre che promuovesse reati, anche terroristici, in Europa, in particolare a Berlino, in Germania.
In Turchia si sospetta sia stato la mente di un attentato, in programma a marzo scorso ma sventato grazie allo scambio di informazioni tra le polizie italiana e di Ankara, a una fabbrica di alluminio.
Il denaro a disposizione dell’organizzazione sarebbe in gran parte derivato dal traffico di droga così come dal contrabbando di sigarette e farmaci.
LA MISURA
La misura cautelare è stata emessa dal Gip del Tribunale di Milano su richiesta della Sezione Distrettuale Antiterrorismo della Procura della Repubblica del capoluogo Lombardo.
Ulteriori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza che si terrà nell'ufficio del Procuratore di Milano Marcello Viola, alle ore 11.30.
(aggiornata alle 8:20)