Lettere. Processo Reale, Cesareo: su di me una gogna mediatica
Riceviamo e pubblichiamo integralmente.
“Volge alla conclusione il cosiddetto “Processo Reale”, che vede alla sbarra 19 imputati per i quali il P.M. ha chiesto, complessivamente, quasi due secoli di carcere. È molto probabile che per fine di questo mese o, al massimo, per gli inizi del prossimo, venga pronunciata la sentenza di primo grado. Il processo nasce a seguito di intercettazioni ambientali eseguite a Bovalino a casa di Giuseppe Pelle, ritenuto erede della consorteria ‘ndranghetista diretta da Antonio Pelle detto “Gambazza”, presso la quale si sarebbero recati alcuni candidati-imputati per chiedere voti durante le ultime consultazioni regionali del 2010. La stampa, nel narrare i fatti, ha riportato continuamente frasi a me attribuite, dalle quali si evincerebbero mie dichiarazioni tendenti ad ottenere appoggio elettorale ed a dirimere questioni non precisate all’interno della lista con la quale mi sono candidato, macchiandomi, così, di atteggiamenti penalmente rilevanti e/o quantomeno vergognosi. Anzi dai toni usati e dall’accanimento giornalistico nei miei confronti, sfociato addirittura nella pubblicazione di notizie false e tendenziose, il lettore ha avuto la percezione di un mio coinvolgimento diretto. Dopo aver infangato il mio nome, la mia famiglia, la mia professione, la mia dignità, però, nessun “cultore della verità” ha inteso evidenziare che non solo non sono nell’elenco degli imputati, quanto non sono stato neanche oggetto di indagine visto che a tutti gli indagati, secondo norma, viene comunicata la chiusura dell’inchiesta! Importante era creare gogna mediatica, senza accertarsi della veridicità di quello che si scriveva, per vendere copie di giornale. È chiaro che ho affidato ai miei legali la attivazione di quanto necessario per il risarcimento che, eventualmente, evolverò, ma la dignità ha un prezzo? Addirittura mi è stato negato, da alcune testate giornalistiche, il diritto di replica e di rettifica nonostante i solleciti inviati! Bene ci vedremo, con costoro, dinanzi il giudice penale dove dovranno rispondere per i reati di diffamazione a mezzo stampa, violazione del segreto istruttorio, violazione della privacy, pubblicazione di notizie false e tendenziose con l’aggravante della violazione della norma sul diritto di replica e di rettifica, e dinanzi il giudice civile per i danni consequenziali. Alla fine, però, resterà lo squallore giornalistico calabrese che, invece di concorrere alla crescita della democrazia e della libertà attraverso una giusta informazione, provoca danni sociali e civili contribuendo, ahinoi, a fare di questa terra l’ultima d’Europa! Cordialità.”
Vincenzo Cesareo