Morti sul lavoro: la Calabria resta in zona arancione
“Per descrivere concretamente l’emergenza morti sul lavoro nel nostro Paese è fondamentale analizzare l’incidenza rispetto alla popolazione lavorativa. Perché questo dato, più dei numeri assoluti delle vittime, riesce a evidenziare il dramma e a definire le condizioni di sicurezza in tutta la Penisola, ma anche regione per regione e provincia per provincia”.
Ed è proprio con questa premessa che il Presidente dell’Osservatorio Sicurezza e Ambiente, l’ingegnere Mauro Rossato, apre la propria esplorazione al primo studio effettuato in Italia sull’ultimo quadriennio. E lo fa prima di tutto con una proiezione.
“A livello nazionale l’incidenza è passata da 14,7 morti per milione di occupati del 2023 a 15,4 del 2024. E questo colpisce – spiega – soprattutto dopo che dal 2021 al 2022 tale indice marcava un significativo decremento (da 19,7 a 14,8), complice anche la risoluzione dell’emergenza Covid, che aveva portato ad un aumento delle morti sul lavoro. Ciò che resta, dunque, dopo la pandemia è il puro dato sull’insicurezza nel nostro Paese”.
Sul podio dell’insicurezza troviamo il Trentino-Alto Adige, finito in zona rossa per quattro anni su quattro. Ed è seguito dall’Umbria, per tre anni su quattro. Mentre l’unica regione rimasta sempre in zona bianca per l’intero quadriennio, con incidenze di mortalità molto basse, è la Sardegna.
“Il risultato più evidente dell’analisi, come accade sempre nelle nostre rilevazioni, è quello che mette in luce il rischio di morte maggiormente elevato nelle regioni con una popolazione lavorativa meno numerosa – commenta ancora Rossato – ed è questo, forse, un dato troppe volte sottovalutato. Infatti, si tende spesso a definire l’emergenza attraverso i numeri assoluti, dimenticando come l’incidenza della mortalità sia il valore più realistico attraverso il quale realizzare la geografia degli infortuni mortali ed arrivare a scelte risolutive più incisive sia a livello imprenditoriale che istituzionale”.
Intanto, alla fine dei primi sei mesi del 2024 le regioni in zona rossa, con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 15,4 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori), sono: Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Campania, Emilia-Romagna e Umbria. In zona arancione: Abruzzo, Puglia, Calabria, Lazio e Basilicata. In zona gialla: Lombardia, Toscana, Piemonte e Liguria. In zona bianca: Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Molise, Marche e Veneto.
Nel primo semestre del 2021 l’incidenza media era di 19,7 morti per milione di occupati, nel 2022 di 14,8, nel 2023 di 14,7 e quest’anno risale a 15,4. Va ricordato che nel 2021 è stato particolarmente influente su questi dati il Covid, che ha portato a un aumento degli infortuni mortali registrati dall’Inail nei luoghi di lavoro. Pertanto la diminuzione degli infortuni mortali tra il 2021 e il 2022 rispetto al precedente biennio (2021-2020) è essenzialmente dovuta alla scomparsa della pandemia.
Osservando le incidenze di morte per genere, si scopre che le donne rischiano meno dei colleghi maschi. Per gli uomini, infatti, l’incidenza è passata da 31 del 2021 a 24,7 del 2024. Per le donne da 4,2 a 2,8. Diversa invece è la situazione per le denunce totali di infortunio in itinere, perché sono le donne a far rilevare il dato più elevato in tutto il quadriennio.
Guardando invece alla nazionalità, l’incidenza dei lavoratori stranieri in occasione di lavoro è cresciuta da 25,7 nel 2021 a 34,1 nel 2024, mentre per gli italiani è scesa da 19,0 a 13,3.
Sulle fasce d’età desta sempre grande preoccupazione la situazione dei giovanissimi: dai 15 ai 24 anni l’incidenza è aumentata, passando da 11,9 denunce di infortunio per milione di occupati nel 2021 a 13,6 nel 2024; dati pressoché doppi rispetto ai più maturi colleghi nella fascia 25-34 anni che vanno da un’incidenza di 6,4 del 2021 a 5,5 nel 2024. Significativo e allarmante, poi, il dato degli ultrasessantacinquenni (da 61,0 del 2021 a 65,8 del 2024).
Per quanto concerne i settori più colpiti, nei quattro anni considerati sono stati Costruzioni, Attività Manifatturiere, Trasporti e Magazzinaggio e Commercio ad aver fatto rilevare il maggior numero di decessi; con un dato più che preoccupante per il settore delle Costruzioni nell’ultimo semestre. Complice probabilmente anche la graduale ripresa del settore dopo la pandemia e a seguito dei bonus concessi al settore dell’edilizia.
Le vittime in occasione di lavoro sono passate dalle 444 del primo semestre 2021 a 342 dello stesso periodo del 2022 e a 346 nel primo semestre del 2023, per poi subire una crescita nel 2024 in cui se ne registrano 364 nei primi sei mesi dell’anno. E anche gli infortuni mortali in itinere registrati nei primi semestri sono aumentati nel quadriennio, passando dai 94 del 2021 ai 105 del 2024.
Dal 2021 al 2024 le denunce di infortunio registrate nei primi semestri sono passate dai 266.804 del 2021 ai 299.303 del 2024 (+12,2%). Gli uomini, nel 2021 e nel biennio 2023-2024, sono i lavoratori che registrano un’incidenza maggiore in relazione al numero di denunce di infortunio. Viceversa, in itinere, sono le donne a far registrare in tutti e quattro gli anni considerati (2024 – 2023 –2022 – 2021) l’incidenza maggiore per le denunce di infortunio.
I settori più colpiti nel corso del quadriennio sono Attività Manifatturiere, Costruzioni, Sanità, Trasporti e Magazzinaggio. Con le Attività Manifatturiere in testa alla classifica ogni anno ad esclusione del 2022 quando era il settore della Sanità e Assistenza Sociale a contare più denunce.
Guardando alla nazionalità, i lavoratori stranieri fanno rilevare in occasione di lavoro un rischio doppio d’infortunio rispetto ai colleghi italiani in tutto il quadriennio. Sono passati infatti da un’incidenza di 18.427,7 del 2021 a 21.083,6 del 2024, mentre gli italiani da 9.516,0 a 9.568,2.
La fascia d’età più colpita da infortuni è quella dei giovanissimi dai 15 ai 24 anni: l’incidenza inoltre è passata da 24.321,8 denunce di infortunio per milione di occupati nel 2021 a 32.705,2 nel 2024.
Il lunedì è il giorno della settimana in cui si è verificato il maggior numero di infortuni mortali sul lavoro in Italia nel 2021 (20,7% del totale) e nel 2023 (19,9%). Mentre nel 2022 (con il 19,3% del totale degli infortuni) e nel 2024 (21,2%) è il martedì il giorno più pericoloso in cui lavorare.