Stretto di Messina, No Ponte: “un movimento popolare per fermarne la costruzione”
Rilanciare e rafforzare la costruzione di un movimento popolare che si opponga alla costruzione del Ponte sullo Stretto: è questa la determinazione venuta dalla due giorni di dibattito e mobilitazione promossa sulle due sponde dello Stretto dal Movimento No Ponte-Calabria e dallo Spazio No Ponte.
Una mobilitazione ancora più necessaria e urgente a fronte di quello che i movimenti definiscono come un “attacco violento” del Governo che “avanza a spron battuto verso l’apertura dei cantieri … passando sopra ogni principio di diritto e di logica”.
Il nuovo cronoprogramma della Stretto di Messina Spa, la società che si occupa della realizzazione dell’infrastruttura, a dicembre 2024 il progetto definitivo dovrebbe superare il vaglio del Cipess il che consentirebbe di avviare le operazioni preliminari come la bonifica dagli ordigni bellici, la viabilità di cantiere, gli espropri “bonari”.
I successivi passaggi sarebbero quelli del maggio 2025 con l’avvio delle demolizioni dei fabbricati rientranti nel piano degli espropri e ad agosto successivo l’apertura dei cantieri di Cannitello e di Faro-Ganzirri. Tappe che sono però condizionate dal superamento degli ostacoli costituiti dai pronunciamenti degli organismi di controllo.
Per i No Ponte-Calabria e Spazio No Ponte, per ovviare ai possibili blocchi posti all’interno dell’iter di progettazione, il Governo ha proceduto ad una intensa produzione normativa: il “decreto ponte”, attraverso il quale si è resa possibile la “reviviscenza del contratto” e consentito di rimettere in campo progetti e società che sembravano accantonati con la “caducazione del contratto” e l’avvio del processo di liquidazione della Stretto di Messina voluti dal Governo Monti.
Poi è stata la volta dal “decreto infrastrutture”, che consentirebbe l’approvazione del progetto esecutivo per fasi, permettendo l’avvio della cantierizzazione pur in assenza di un progetto esecutivo unitario. Infine, il “decreto ambiente” che rende meno vincolanti i pareri delle commissioni Via/Vas.
A questi provvedimenti normativi va aggiunto il “ddl sicurezza”, che riscrive per intero la gestione dei conflitti sociali attraverso la produzione di ulteriori reati e l’aumento delle pene per quelli già esistenti, inserendo tra questi le pratiche di lotta di chi si oppone alla realizzazione di opere pubbliche ritenute strategiche.
“Evidentemente, il Governo ha pensato che ridisegnare l’ordine legale avrebbe significato la fine del contenzioso sul ponte sullo Stretto, ma quello che loro chiamano avvio del cronoprogramma per noi sarebbe solo un cambiamento di fase, non di certo la fine del conflitto” dicono dai movimenti.
“Agire la nuova fase - proseguono i No Ponte - significa, però, darsi anche gli strumenti per sostenere la lotta. Lo diciamo senza infingimenti: ci vuole un movimento popolare che aspiri a fermare il processo di cantierizzazione, un movimento popolare fatto di comitati e assemblee distribuiti nell’area dello Stretto, ma che voglia estendersi anche a tutta la Sicilia e a tutta la Calabria”.
“Per chi vive i territori dello Stretto – aggiungono - si tratta, certo, in maniera fondamentale di resistere alla devastazione che verrebbe causata della cantierizzazione. Per chi abita le nostre regioni è importante, invece, contendere le risorse concentrate in un’opera inutile e devastante affinché vengano utilizzate per rispondere ai bisogni inevasi delle popolazioni”.
Per i No ponte bisognerà, infine, cercare la solidarietà di tutti i movimenti che si battono dappertutto per la difesa dei territori e stabilire legami di fraternità: “Non siamo alla fine dell’iter Siamo all’inizio della lotta”.