Ricostruito il tesoro accumulato in 60anni dal boss di Platì, scattano i sigilli

Reggio Calabria Cronaca

Ammonta a circa sei milioni di euro il valore totale dei beni che Dia ha sequestrato stamani e che sono ritenuti riconducibili a Rosario Barbaro, 84enne al vertice dei Barbaro di Platì, cosca di ‘ndrangheta i cui interessi si estendono dal reggino a tutta Italia e fino all’estero.

L’uomo - detto "Rosi da Massara" - che gli inquirenti considerano titolare di fatto di numerosi fabbricati, terreni ed importanti attività commerciali – e già destinatario di un decreto di appartenenza ad una associazione mafiosa, a firma dell’allora Questore di Reggio Calabria, a partire dal lontano 1965, si ritiene che nel corso degli ultimi cinquant’anni abbia rivestito una posizione via via crescente nell’ambito del clan, sino ad esserne stato indicato univocamente come il boss.

La sua figura è stata oggetto di svariate inchieste giudiziarie che hanno interessato il versante ionico reggino, nello specifico le operazioni Reale(QUI), “Marine”, Mandamento Ionico(QUI) e “Saggezza”, in cui è stato condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso.

L’attività di oggi ha portato dunque a ricostruire le sue acquisizioni patrimoniali a partire dal lontano 1961, dunque a risalire al patrimonio che fosse sia direttamente che indirettamente nella sua disponibilità, ed il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, di conseguenza, ha disposto il sequestro di cinque società comprensive dell’intero patrimonio aziendale, di tre ditte individuali operanti nel settore agricolo, di un circolo privato e una attività di ristorazione; di quattordici immobili e quaranta appezzamenti di terreno nel reggino e di disponibilità finanziarie.

Tra i beni cautelati, oltre agli immobili di rilevante valore ed imponente dimensione, spicca l’attività di ristorazione, già nota alla cronaca giornalistica per essere stata individuata come il luogo nel quale sono stati celebrati matrimoni di significativo interesse criminale tra appartenenti ad importanti e storiche famiglie di ‘ndrangheta, in occasione dei quali, in passato, sono state conferite le nomine alle più alte cariche dell’organizzazione criminale.

La misura è stata eseguita dagli uomini della Direzione Investigativa Antimafia, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia della città dello Stretto, diretta dal Procuratore Distrettuale Antimafia Giuseppe Lombardo.