Omicidio Lorena Quaranta: niente attenuanti da “stress”, confermato l’ergastolo

Reggio Calabria Cronaca
Lorena Quaranta e Antonio De Pace

Per Antonio De Pace resta l’ergastolo. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria (presidente Angelina Bandiera, Caterina Asciutto a latere) ha in pratica confermato quanto già deciso dai colleghi di Messina nel luglio del 2022 (QUI), che avevano condannato il 31enne infermiere del Vibonese al carcere a vita per l’omicidio della fidanzata, Lorena Quaranta (QUI), studentessa in medicina uccisa a Furci Siculo, nel Messinese, il 21 marzo del 2020.

La sentenza del tribunale siciliano, come si ricorderà, nello scorso mese di luglio era stata annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche.

In pratica, secondo gli ermellini, i giudici di secondo grado non avrebbero tenuto conto di un particolare evidentemente ritenuto rilevante ai fini processuali, ovvero che De Pace sarebbe stato “stressato” a causa del Covid.

“Deve stimarsi che i giudici di merito - si legge infatti nella sentenza della Suprema Corte - non abbiano compiutamente verificato se, data la specificità del contesto, possa, ed in quale misura, ascriversi all'imputato di non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda e se la fonte del disagio fosse evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell'emergenza pandemica, con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda”.

Questa tesi è stata condivisa anche dalla Procura generale di Reggio Calabria, tant’è che il sostituto Domenico Galletta, nella sua requisitoria, lo scorso ottobre ha chiesto che gli venissero riconosciute appunto le attenuanti generiche e quindi una condanna a 24 anni di reclusione, pena massima per questo tipo di omicidio (QUI).

Richiesta che però non ha tra trovato riscontro nei giudici della Corte d'Assise che ha hanno invece confermato l’ergastolo per De Pace.

I difensori di quest’ultimo, gli avvocati Salvatore Staiano, Bruno Ganino e Marta Staiano, nelle loro arringhe avevano auspicato una pena proporzionata e, condividendo quanto stabilito dalla Cassazione, avevano sostenuto che si fosse trattato di un delitto che non potesse essere considerato “di genere”, ma un assassinio “apparentemente senza causale se non quello dello stato di angoscia” che l’imputato non sarebbe riuscito a controllare: Di Pace avrebbe anche tentato due volte il suicidio.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.