Dichiarazioni false per truffare l’Agenzia delle Entrate: sequestro da oltre 700 mila euro
Vi sarebbe un'articolata associazione a delinquere dedita ad apposite truffe a danno dell'Agenzia delle Entrate dietro il sodalizio sgominato, nei giorni scorsi, dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria, che ha tratto in arresto 3 soggetti.
Arresti ai quali è seguito un notevole sequestro preventivo di oltre 718 mila euro, nei confronti dei 151 indagati accusati a vario titolo di associazione a delinquere, falso, sostituzione di persona, truffa ai danni dello Stato ed accesso abusivo a sistema informatico.
Un sistema notevole, scoperto a seguito di una indagine specifica delle fiamme gialle sotto il coordinamento della locale Procura, che ha portato alla scoperta di una associazione a delinquere che riusciva a lucrare tramite l'indebita percezione di rimborsi Irpef in modo reiterato, ottenendo così una notevole portata complessiva a danno delle casse dello Stato.
L'indagine nasce nel 2019, dopo una segnalazione di anomalie circa delle dichiarazioni fiscali di alcuni contribuenti. Successivi controlli - svolti anche tramite intercettazioni ed acquisizioni documentali - hanno permesso di scoprire il modus operandi del gruppo, che di fatto otteneva le credenziali di accesso ai servizi telematici dei contribuenti anche in modo indebito, tramite il coinvolgimento di dipendenti pubblici infedeli.
Una volta entrati nei profili dei singoli cittadini - a volte totalmente ignari, altre volte compiacenti - era poi possibile modificare le dichiarazioni fiscali in modo da gestire le pratiche di rimborso e verificarne l'esito. Il gruppo era propriamente strutturato tra intermediari e procacciatori, che avvicinavano i contribuenti promettendogli rimborsi fiscali più corposi che andavano poi divisi: il 60% al contribuente, il 40% al gruppo.
I rimborsi venivano poi "pompati" tramite indicazioni familiari errate (come l'inclusione di soggetti esterni al nucleo familiare, o iscritti all'Aire), con l'inserimento di spese mediche considerevoli e tramite la richiesta esplicita del rimborso Irpef.
Nei vari mesi di attività, il sodalizio sarebbe riuscito ad avvicinare numerose realtà territoriali: non solo singoli cittadini (che poi fungevano da passaparola con parenti ed amici), ma anche alcune associazioni di pescatori, i dipendenti di associazioni partecipate e dipendenti di aziende portuali.
I vertici del gruppo, invece, adottavano una serie di accorgimenti per non farsi scoprire, evitanto i contatti diretti con i contribuenti ed utilizzando una rete di centri fiscali inesistenti, talvolta appositamente aperti in modo fittizio al solo fine di inoltrare le dichiarazioni fraudolente. In ogni caso, i rimborsi erano limitati ad un massimo di 4 mila euro, soglia che impediva l'avvio di controlli automatici.
Sempre nel corso dell'indagine, sarebbe poi emerso un interessamento da parte delle cosche di 'ndrangheta al sistema fraudolento, che permetteva nei fatti lauti guadagni. In particolare, sarebbe stata la cosca dei Pisano - detti i diavoli - ad interessarsi al sistema, avviando contatti con membri del sodalizio.
Complessivamente, sono state vagliate 1.200 dichiarazioni fiscali infedeli pubblicate dal 2016 al 2022, che hanno permesso indebiti rimborsi per 718 mila e 426 euro, di cui oltre 312mila sarebbero stati destinati al sodalizio. Denaro che oggi è stato posto sotto sequestro in attesa della conclusione delle indagini.