Sovradosaggio di farmaci a pazienti ignari per ottenere rimborsi: nei guai ex primario del Gom
È una realtà agghiacciante quella ipotizzata a seguito di un'indagine dei Nas di Reggio Calabria in collaborazione con il Nucleo dell'Aifa, che riguarda purtroppo l'unità di oncologia del Grande Ospedale Metropolitano del capoluogo dello stretto e la relativa farmacia ospedaliera.
Una realtà ovviamente ancora in fase di indagine e approfondimento, che tratta però ipotesi i reati gravi che vanno dalla somministrazione di farmaci guasti alla falsità (materiale ed ideologica), dall'abuso d'ufficio alla truffa. Il tutto a danno dei pazienti.
L'attività investigativa è stata svolta da marzo 2021 a dicembre 2022, ed ha permesso di verificare oltre 300 cartelle cliniche. Il tutto è nato dalla denuncia di un dirigente medico insospettivo dalle anomalie di un diario clinico relativo ad un suo paziente oncologico: tutte le cartelle sono state sequestrate, e sono state documentate anche diverse testimonianze che si sommano alle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Sono complessivamente sette gli indagati, tra cui l'ex primario dell'Uoc di oncologia del Gom (in carica fino allo scorso settembre), al quale è stato notificato il divieto temporaneo di esercizio per un anno.
Nei guai anche un dirigente medico, una psicologa ed il presidente di una onlus coinvolta nel sostegno psicologico dei malati psicologici, attività che - stando all'indagine - non sarebbe mai stata svolta realmente.
UNA "SPERIMENTAZIONE" PERICOLOSA
Nel corso degli accertamenti sarebbe stato appurato che, tra il 2017 ed il 2018, ben 13 pazienti oncologici sarebbero stati sottoposti a terapie sperimentali senza alcuna autorizzazione e senza alcun consenso da parte loro.
In particolare, sarebbero stati autorizzati dei sovradosaggi di Nivolumab (farmaco specifico per trattare delle neoplasie) tramite la farmacia ospedaliera, che documentava un maggiore uso del farmaco al fine di ottenere poi i relativi rimborsi economici.
Di fatto il farmaco veniva dunque prescritto anche a pazienti con patologie differenti, e dunque che non necessitavano del medicinale, e veniva somministrato loro anche se privi dei requisiti.
Tale comportamento non veniva comunque nascosto, anzi: gli stessi indagati si premuravano di divulgare le loro azioni tramite pubblicazioni scientifiche, nel tentativo di "accrescere la loro reputazione professionale".
Complessivamente, si stima una presunta truffa da 5 mila euro a danno dell'azienda farmaceutica Pfizer.