Bergamotto di Reggio, dal Tar del Lazio via libera alla Dop sul frutto
È stata depositata lunedì la sentenza del Tar Lazio con cui si chiude un primo step a favore del riconoscimento della Dop richiesta dal Consorzio di Tutela del Bergamotto di Reggio Calabria, presieduto da Ezio Pizzi.
Il Collegio, in accoglimento del ricorso proposto dall’avvocato Natale Carbone per il Consorzio e diretto a far dichiarare l’illegittimità del silenzio-inadempimento del Ministero dell’Agricoltura, sulla richiesta di riavvio e conclusione dell’istruttoria relativa alla modifica del Disciplinare Dop “Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale con inserimento tutela del frutto di bergamotto di Reggio Calabria”, ha disposto che lo stesso Masaf provveda, entro il termine di 90 giorni, a riattivare il procedimento promosso dal Consorzio con una istanza dell’agosto 2023 e concluda l’iter così avviato mediante l’adozione di un provvedimento sulla predetta istanza in ordine alla quale la Regione Calabria aveva già espresso parere favorevole alla modifica/ampliamento del disciplinare già utilizzato per la Dop relativa gli oli essenziali, Dop oggetto di rinnovo a favore del Consorzio.
“Non è solo una questione di denominazioni, ma di rappresentanza, di memoria e di futuro”, afferma il presidente Pizzi che rivendica dodici anni di numeri, accordi, studi scientifici, ma anche accuse precise, tensioni istituzionali e una battaglia aperta su chi debba decidere il futuro del frutto simbolo della costa reggina.
“Abbiamo costruito una filiera. Qualcuno ha provato a riscriverla da zero”, dice. Ed è da lì che parte tutto. Il progetto che guida da oltre un decennio, Unionberg, è frutto di un lavoro collettivo e strutturato. Dietro c’è un sistema, “ci sono 527 produttori che conferiscono prodotto per oltre 1100 ettari certificati, con tanto di documentazione firmata e allegata”.
In effetti dodici anni fa si è iniziato a lavorare per aprire un canale parallelo. “Oggi abbiamo accordi stabili con Esselunga, Coop, Conad, Orsero, mercati generali. Commercializziamo oltre 10mila quintali l’anno di frutto fresco, a prezzo fisso, dall’inizio alla fine della stagione. Abbiamo pagato 100 euro al quintale per il frutto destinato al fresco, mantenendo sempre una differenza di almeno 30 euro rispetto al frutto da industria. Perché la selezione costa, ma il valore si riconosce”, ribadiscono dal Consorzio.
“La nostra istanza per ampliare il disciplinare della Dop è al Ministero da agosto 2023. Ma ci siamo sentiti dire che non potevano trattarla perché era già in corso la pratica Igp presentata da altri. Questo ci ha costretti a fare ricorso al Tar”, spiega il presidente.
E aggiunge: “Ci hanno risposto che non potevano trattare due istanze diverse sulla stessa denominazione. Ma l’articolo 5 del decreto ministeriale del 2013 dice chiaramente il contrario: se ci sono più richieste, si deve tentare una conciliazione e poi verificare la rappresentatività. Questo non è mai stato fatto”.
Secondo Pizzi, alla base della decisione ministeriale di sospendere l’iter Dop, ci sarebbero anche dinamiche di natura politica. “Mi è stato riferito, con nomi e cognomi, che a Roma ci sarebbero state pressioni, anche da parte di un deputato europeo, per dare priorità all’iter Igp. I dirigenti con cui ho parlato mi hanno detto: “Tecnicamente avete ragione, ma su questa vicenda ci sono sensibilità politiche forti”.
Nel caso di specie, l’iter procedimentale gestito dal Ministero si era arrestato in ragione della pendenza di una domanda per l’Igp avanzata da un Comitato spontaneo per la Tutela del Bergamotto, che raggruppa solo in parte i produttori della provincia essendo la maggior parte degli associati trasformatori/utilizzatori finali del frutto stesso.
Secondo il Ministero la richiesta del Consorzio per la tutela del Bergamotto di Reggio Calabria diretta a estendere la Dop anche al frutto, avrebbe dovuto erroneamente attendere la conclusione dell’iter relativo alla richiesta dell’Igp.
Il Consorzio aveva sostenuto, anche per il tramite dei propri legali, che la tutela diretta all’ottenimento della Dop sarebbe stata più incisiva e a salvaguardia dei produttori dello stesso frutto e non solo della filiera, con maggior garanzia del prodotto coltivato nell’area vocata (da Villa San Giovanni a Monasterace), afferendo a un prodotto da oltre un ventennio tutelato per l’estrazione degli oli essenziali venduti alle aziende di profumi di tutto il mondo.