Stretto di Messina: “Ponte resiste a terremoti da 7.1, faglie tutte monitorate”

Calabria Infrastrutture
Un rendering del ponte sullo Stretto

“Il progetto del ponte ha ampiamente analizzato le tematiche geologiche e sismiche”: è quanto ribadisce la Società Stretto di Messina nel replicare alle affermazioni rilasciate dal professore Carlo Doglioni, scienziato ed ex presidente dell’Ingv, che nelle scorse ore ha parlato di una ricerca che metterebbe in evidenza delle faglie da considerare attive a nord di Capo Peloro, a Ganzirri, e all’interno dello Stretto.

Lo scienziato ha evidenziato che servirebbero dei coefficienti di accelerazione più alti per verificare il rischio sismico, e che quindi sarebbe meglio fermarsi nella realizzazione dell’pera e fare queste verifiche preliminari.

Parlare di accelerazione al suolo - affermano dalla società - è un modo semplicistico, e concettualmente errato, di affrontare un problema complesso come la resistenza di una struttura a sollecitazioni sismiche. Come è noto a chiunque si occupi di ingegneria sismica va considerato lo spettro sismico di progetto”.

Il riferimento a L’Aquila e Amatrice

Secondo la Stretto di Messina su questo tema i propri tecnici avrebbero risposto più volte e puntualmente: il progetto, viene quindi spiegato, prevede accelerazioni massime superiori a 1,5 g, “allo stato limite di integrità strutturale, e non di 0,58 g come grossolanamente affermato”.

Sul sito istituzionale della Spa è presente un documento redatto dai progettisti in cui viene confrontato lo spettro di progetto dell’opera con lo spettro registrato in occasione dei terremoti di L’Aquila e Amatrice, citati da Doglioni.

“Si evince chiaramente che alle frequenze di interesse per il ponte le accelerazioni di progetto sono sensibilmente superiori a quelle registrate nei terremoti di L’Aquila e Amatrice, e quindi le osservazioni di Doglioni sono del tutto prive di fondamento” sbotta la SdM.

Nel progetto oltre 300 elaborati geologici

“Per gli aspetti geologici e sismici - prosegue - il progetto definitivo è corredato da oltre 300 elaborati geologici frutto di nuova e più ampia documentazione a varie scale grafiche, realizzata con l’ausilio di circa 400 indagini puntuali, tra sondaggi geologici, geotecnici e sismici. Tutte le faglie presenti nell’area dello Stretto di Messina sono note, censite e monitorate, comprese quelle del versante calabrese”.

L’azienda sottolinea poi che i punti di contatto con il terreno dell’infrastruttura, sulla base degli studi geosismotettonici eseguiti, sono stati individuati evitando il posizionamento su faglie attive.

“Le costruzioni di ponti sospesi in una zona sismica avvengono da sempre in ogni parte del mondo in aree con potenziali sismogenetici più rilevanti dello Stretto di Messina: Turchia; Grecia; Giappone; California. Il potenziale sismogenetico dello Stretto di Messina non è in grado di produrre terremoti superiori a 7.1 della scala Richter. In ogni caso il ponte sullo Stretto è progettato per restare in campo elastico anche con magnitudo superiore”, concludono dalla Società.