Spazi Ateneo Unical: riflessione di Manlio Gaudioso
“Le vicende di questi giorni all’Università, e il notevole rilievo ad esse dato dai giornali, sollecitano qualche riflessione. Un’ iniziativa volta al ripristino di condizioni minimali di legalità e di agibilità politica e democratica degli spazi dell’ateneo ha suscitato un insieme di reazioni che si sono sviluppate secondo uno schema ormai consueto. - È quanto si legge in una nota di Manlio Gaudioso del Dipartimento Elettronica Informatica e Sistemistica dell’Università della Calabria - Da una parte quelle, ampiamente attese, dei soggetti che da tale iniziativa si sono sentiti colpiti e che hanno risposto con il solito armamentario ideologico che il tempo e la storia si sono ampiamente incaricati di rottamare. Dall’altra, ha ripreso vigore un indirizzo giornalistico che ha insistentemente teso, in questi ultimi anni, a dare un’immagine della nostra Università come di un luogo nel quale il dibattito democratico è schiacciato da una cappa di conformismo, con conseguente emarginazione delle voci di dissenso. A tale realtà si aggiungerebbe l’aggravante di una gestione volgarmente aziendalista, affidata ad un ristretto gruppo di potere, controllato a sua volta con pugno di ferro da un rettore, che non si esita a disegnare con il tratto che i media destinano solitamente alle dinastie di dittatori di tipo nord-coreano.
Chiunque abbia qualche dimestichezza con il mondo accademico e con i suoi meccanismi di funzionamento sa che questa rappresentazione è solamente caricaturale. Lo è principalmente per un motivo: il potere accademico è per sua natura un potere distribuito e diffuso, si nutre di geometrie variabili e di una molteplicità di centri decisionali (Facoltà, Dipartimenti, Settori Scientifico-Disciplinari, singoli gruppi di docenti) portatori di interessi forti, quasi sempre legati a legittime esigenze di tipo culturale. Che una struttura così complessa e costituita da personalità spesso di spiccata individualità possa farsi preda della logica dell’ “uomo solo al comando” a me sembra del tutto irrealistico. La rappresentazione sommariamente descritta, oltre ad essere ingiusta, colpisce però pesantemente la nostra comunità. Che altro saremmo se non un’imbelle armata di ignavi ed opportunisti se ci fossimo resi volontariamente e reiteratamente prigionieri di un siffatto potere assoluto? E’ del tutto evidente che se questa diventasse l’immagine dominante presso la pubblica opinione, tutti subiremmo un danno, ma più grave ancora sarebbe il danno per l’intera società calabrese, che perderebbe inevitabilmente fiducia in una istituzione che, invece, non solo è sana, ma ha reso ed è in grado di rendere un grande servizio, grazie all’impegno ed alla serietà di chi vi opera.
Il punto è che scarsa appare la consapevolezza del rischio presente all’interno della nostra comunità. In effetti non ci sono state prese di posizione sufficientemente energiche a contrastare questa visione delle cose. E pure non mancano colleghi che condividono e hanno condiviso responsabilità di direzione con longevità di posizioni di potere accademico che fa impallidire quella tanto duramente imputata al Rettore. Non so se tale silenzio sia motivato da scarsa attenzione, o, in qualche caso, calcolo, o da sudditanza culturale ad un certo ribellismo subalterno (vero “filo nero” che attraversa la storia della nostra Università), o, più semplicemente, alle ferie estive. Personalmente penso che la motivazione sia più profonda e stia in una debolezza storica dell’Unical, all’interno della quale le persone titolari dei poteri diffusi non sono mai riuscite davvero a trasformarsi in gruppo dirigente. E’ questo, in ultima analisi, l’aspetto sul quale vorrei richiamare l’attenzione dei colleghi”.
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