Crotone. Torchia: “Problema igienico educativo in città”
Riceviamo e pubblichiamo lettera aperta di Leonardo Torchia al sindaco della città di Crotone Peppino Vallone
Gentile Sindaco,
Scrivo una lettera pubblica diretta alla Sua persona, ma rivolta all’intera giunta cittadina. Il problema che vorrei esporle riguarda le politiche sociali soprattutto, che sono una Sua delega, ma di concerto anche le Politiche sanitarie dell’Ass. Cotronei, Sicurezza e Politiche giovanili (è una questione di educazione civica) che probabilmente ora dovrebbero essere deleghe vacanti e Lavori pubblici e Arredo urbano dell’Ass. Liotti. Spiego. Mi chiamo Leonardo Torchia e sono un ventisettenne crotonese. La mia presentazione termina qui. Non importa la mia storia personale per il problema che devo esporre. È utile invece quella di mio nonno. Un uomo degli anni ’20, ex operaio, come molti altri nella nostra città, che vive e anima la vita e l’economia del crotonese. Qualche settimana fa l’ho accompagnato in uno dei suoi giri giornalieri per il mercatino di via Giacomo Manna, quando un commerciante, rivolgendosi al collega che stava per venderci 2 chili di mele, gli urla: “trattalu bonu a ru signore, ù ti n’apprufittar. Ca po’ vogghiu vidir duv jamu tutt quant quann si pensionati ù ci su cchiu!” – trattalo bene al signore, non approfittartene. Voglio vedere poi dove andiamo tutti quanti quando questi pensionati non ci saranno più. Laconica, diretta, diritta allo stomaco. Una sintesi più precisa, e allo stesso tempo folkloristica, della nostra economia locale credo non sia possibile farla. Una città, un territorio che ha dato lavoro per decenni a un grosso numero di famiglie calabresi – mio nonno e mia nonna sono entrambi di Serra San Bruno, e i loro fratelli hanno anch’essi lavorato nelle fabbriche di Crotone – e che ora si trova a dare esclusivamente servizi. Niente di più. Sono i nostri pensionati, con le loro pensioni, a sostenere l’economia del territorio. Sono il nostro motore economico, coloro che usufruiscono dei servizi, pubblici e privati, che la città offre. E i “servizi” che la città offre, sono il motivo per cui scrivo questa breve lettera (mi scuso per essermi dilungato prima di arrivare al punto, ma mi sembrava giusto far comprendere qual è il punto di vista di partenza del ragionamento). Quello stesso giorno in cui passeggiavo col nonno per le bancarelle del mercato, ha deciso di guidarmi verso un tour molto particolare. Particolare ma interessante. Mi ha mostrato le zone di Crotone in cui, un tempo, erano presenti dei “servizi” essenziali… che ora non ci sono più. Assenti, non solo nei luoghi mostratimi, ma in tutto il resto della città. Per come mi dice, infatti, di diurni e urinatoi – questo è il tema della lettera – la città era piena, mentre ora l’unico sopravvissuto è sempre chiuso. All’inizio del Viale Regina Margherita, nei pressi del Pitagora; all’incrocio tra via Ruffo e via Cappuccini, nei pressi del mercatino (a cui hanno razziato perfino le porte); nei pressi del Duomo e nella zona della marina; e l’ultimo in ordine di tempo a essere tolto, sotto il castello vicino al mercato. “Quando a Crotone eravamo venticinquemila dove ti giravi vedevi un ‘pisciatoio’, ora che siamo sessantacinquemila/settantamila non ce n’è nemmeno uno”. Vorrei far notare, rispetto a quanto detto da mio nonno nel virgolettato precedente, che giornalmente la città dovrebbe offrire servizi e “servizi” anche a un numero maggiore di cittadini: fino a prova contraria siamo ancora una provincia, con tutto quello che questo comporta. E infatti tantissime persone, soprattutto uomini e donne di una certa età, raggiungono Crotone dai paesi della provincia, spesso e volentieri con gli autobus, per sbrigare commissioni, recarsi in ospedale, comprare qualsivoglia cosa. Non è facile stare mezza giornata senza poter andare al bagno, soprattutto per chi sente il bisogno più di frequente per ragioni anagrafiche. Molte volte il problema si supera grazie ai bar, altre grazie all’ombra degli alberi. Quest’ultima situazione, oltre a essere esteticamente poco gradevole, è anche parecchio sessista. Diciamo che non è proprio una cosa da signore (femminile plurale). Gentile Sindaco, ho evidentemente voluto trattare il tema con leggerezza e ironia, ma ciò non toglie che il problema sia serio. Dobbiamo vederla come una questione di rispetto. Lungi da me affermare che il rispetto di una città verso gli anziani si mostra garantendo esclusivamente i servizi igienici pubblici. Sarebbe riduttivo e troppo frettoloso, oltre che sbagliato. Sono sicuro però che risolvere questo problema darebbe un pizzico di civiltà, di educazione alla civiltà a una Crotone che ne sente decisamente il bisogno. Educare i cittadini tutti, e le giovani generazioni soprattutto, ad avere rispetto e essere più civili verso la propria città, verso il nostro territorio, dovrebbe essere il primissimo compito di qualsiasi amministrazione comunale. Rispettare il nostro territorio, la nostra terra, significa esserlo verso i nostri nonni ma soprattutto verso i nostri figli. Questo, indubbiamente, sarebbe un ottimo “servizio” offerto a Crotone.
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