Il circolo Fli di Isola Capo Rizzuto ricorda Falcone e Borsellino
"Non avrebbero voluto diventare eroi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,Emanuela Loi e tutti gli altri delle scorte, caduti nelle stragi del 1992. Tutti erano convinti che uno Stato tecnicamente attrezzato e politicamente impegnato potesse sconfiggere il crimine organizzato facendo a meno di tanti sacrifici individuali. Per Falcone e Borsellino, la responsabilità collettiva di un ufficio avrebbe dovuto cancellare le responsabilità singole e per tale la vulnerabilità dei singoli operatori. Infatti, in più occasionil'eroe Giovanni Falcone così si esprimeva:" quando esistono organismi collettivi, quando la lotta non è concentrata o simboleggiata da una sola persona, allora la mafia ci pensa due volte prima di compiere azioni delittuose". - E' quanto si legge in una nota del circolo Fli di Isola Capo Rizzuto - Il giudice Falcone , pertanto, non voleva diventare eroe.
Ad una domanda di un giornalista, che gli chiese se valesse la pena rischiare la propria vita per questo Stato, il giudice rispose: "che io sappia c'è soltanto questo Stato, o più precisamente, questa società di cui lo stato è espressione".
Non eroi per vocazione , ma solo servitori dello Stato, questi erano i giudici Falcone e Borsellino e come loro gli agenti delle loro scorte, caduti nella lotta alle mafie ed alle organizzazioni criminali, che purtroppo, contaminano tutto il territorio nazionale.
I succitati eroi, hanno insegnato agli ufficiali di polizia giudiziaria, di procedere alla raccolta delle prove sgomberati nella mente da ogni pregiudizio, da ogni preconcetto. - Continua la nota - Dopo aver interrogato il superpentito Buscetta, al fine di verificare la fondatezza delle sue dichiarazioni,Falcone, inviò in Brasile, un ufficiale della finanza, per verificare se in una piazza di San Paolo, davanti a una falegnameri di cui il pentito aveva parlato, ci fosse un banco di ferro. Ciò non per amore del dettaglio , ma per accertare l'attendibilità delle sue dichiarazioni. Anche per questo Falcone fu un grande servitore dello Stato. Un servitore dello Stato che metteva lucidamente in conto anche il sacrificio della propria vita.
L'eredità che hanno lasciato è sopratutto nei metodi di indagini da parte degli organi di polizia è immensa. Scrupolosità nelle indagini, veridicità degli atti, verifica puntigliosa, quasi maniachevole dei riscontri, attendibilità dei testimoni. Oggi sono i magistrati e gli organi di polizia gli eredi dei suddetti eroi, anche se spesso il loro lavoro viene intralciato da politico senza scrupoli; e in questa Regione ne abbiamo tristi esempi. Per molti anni, hanno vissuto blindati in uffici ed abitazioni super protetti. Riuscivano ad ammirare lo splendore del sole attraversoi vetri delle loro auto blindate, con la certezza della vittoria finale. Hanno lasciato esempi che rimarranno nella storia. Per loro la vita era una missione ed il dovere un legge suprema.
I nostri eroi appartenevano a quella categoria di persone che ritengono che ogni azione debba essere portata a termine, senza domandarsi se dovessero affrontare un problema, ma solo come avrebbero fatto per risolverlo.
Erano diventati magistrati scomodi perché davano per scontato che lo Stato va rispettato ed applicavano scrupolosamente la legge.
Nel corso di confidenze con la propria consorte Paolo Borsellino così si esprimeva:" mi ucciderà la mafia, ma saranno gli altri a farmi uccidere. La mafia mi ucciderà solo quando altri lo vorranno". Hanno lasciato una grande lezione civile.Dicevano che chiedere un favore vuol dire diventare debitore di chi te lo concede. Sei condannato un giorno a ricambiare. Erano così rigorosi e attenti al senso del dovere che a fine giornata si chiedevano:" ho meritato oggi lo stipendio dello Stato?".
Oggigiorno quanti politici, portaborse,parassiti alla sera si fanno questa domanda?. - Conclude la nota - L'esempio di Falcone e Borsellino ha lasciato una traccia indelebile in ogni cittadino onesto, che con fermezza credono e crediamo con fermezza nella giustizia, e siamo dalla parte di quei magistrati che pur coscienti del rischio che corrono, credono che valga la pena correrlo, per assicurare una società libera da tutte le mafie, e sopratutto una società degna di essere chiamata "civile".