“U mindicanti i amuri”, il nuovo libro di Isabella Freccia
In questa raffinata silloge sono custoditi racconti che esplorano il mondo delle tradizioni, della cultura popolare, del tempo che non è più, in un viaggio simbolico e purificatore fra istinto e consapevolezza, introspezione e diario del quotidiano. Il libro di Isabella Freccia – di imminente pubblicazione e ricco di significative fotografie – descrive il suo mantello emozionale come un tessuto leggero ed avvolgente, quale migliore autoritratto, dal disegno piccolo e ricercato, argenteo, ma anche dorato come un sottobosco autunnale. La sua scrittura presenta realmente una tinta intermedia fra due stadi della luce, alba e tramonto: un piccolo frutto agrodolce di una Terra Promessa che disseta, ma lascia anche una traccia vermiglia.
Dopo l’alto indice di gradimento riscontrato da “U spaventapassiri nnamureti e altri racconti in Coriglianese”, a distanza esatta di un anno l’Autrice propone – sulla stessa scia e con la medesima formula del vernacolo quale lingua prescelta – “U mindicanti i amuri e altri racconti in Coriglianese”. Si tratta, anche in questa seconda raccolta, di venti storie – tra emozioni e ricordi, sentimenti e tradizioni – attraverso il tempo di un’interiorità narrata attraverso gli stati d’animo e gli oggetti, per lo più in un luogo, quello della nascita e della crescita, caratterizzato dalle medesime abitudini. Qui scorrono gli archetipi dell’amore e del dolore, ma anche dell’incomprensione e della lieve ironia della vita, con le sue consuetudini e la sua fatale imprevedibilità.
“I racconti – scrive nella Presentazione al testo il giornalista Fabio Pistoia – si consumano sullo sfondo di un Sud ancestrale, con i suoi riti e le sue fobie. Sono anni nei quali molti giovani sognano il rifugio in una nuova opportunità di vita e fortuna, magari lontano da casa, come in un film d’oltreoceano: atteso con ansia da chi vive in provincia, affascinante nel suo bianco e nero, più abbagliante dei pur intensi colori della campagna nell’alternarsi delle stagioni. Tutto è vissuto con un pudore femminile che rende la scrittura limpida eppure trasognata. In queste pagine scorrono ricordi di luoghi e volti dell’infanzia e dell’adolescenza mentre ci si tuffa nel lavoro e nella routine per curare le ferite dell’anima e, al contempo, rivivere i lieti momenti. È il regno della profonda dignità dell’amore e della purezza del cuore. Negli scritti di Isabella Freccia si va oltre lo stereotipo delle memorie affettive esclusivamente legate alle figure care di uomini e di donne. Spesso sono gli oggetti che si caricano dell’aura, dell’energia di chi li ha pur brevemente posseduti ed hanno il potere magico di diventare esseri vivi e parlanti. Anche le piante, i fiori, gli animali raccontano il tempo del cuore ed il calendario delle emozioni, con i suoi autunni e le sue primavere. Finanche i drammi sono descritti sempre con delicatezza, tra ulivi e mandorli flagellati dal sole. La protagonista non si esime mai dalla ridda di colori e atteggiamenti del suo paese, dove, purtroppo, la felicità non è una luminaria che si può contemplare facilmente”.
“Accanto a racconti posti in una dimensione temporale più remota, non ne mancano altri caratterizzati da un’ambientazione più contemporanea. Ma qui l’Autrice – conclude Pistoia – scorge il rischio che la sua identità possa naufragare e perciò, fedele al suo vissuto, non cede all’imperante mondo di false mode e pseudo-realizzazioni, rinvigorendo la sua “missione”. Quella di figlia e sorella, ieri. Di moglie, madre e insegnante, oggi. Di donna dalla profonda umanità e dalla spiccata sensibilità, sempre”.