Traffico internazionale di droga, 43 fermi e sequestri per 50 milioni. Colpo alle cosche di Lamezia e Cirò Marina
Una importante operazione contro la criminalità organizzata è stata svolta dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo calabrese.
Il blitz è stato svolto in varie regioni italiane ed ha portato al fermo di 43 persone ed al sequestro di beni per circa 50 milioni di euro. Colpiti presunti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta. In Calabria i finanzieri hanno operato nelle zone di Lamezia Terme (Catanzaro) e Cirò Marina (Crotone). I fermati sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di Droga. Le indagini sono state coordinate dalla Dda di Catanzaro e hanno interessato anche Lombardia, Lazio, Toscana e Campania.
L’accusa è quella di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Colpiti presunti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta.
I dettagli del’operazione che ha portato al fermo di 43 persone ed al sequestro di beni per circa 50 milioni di euro sono stati illustrati stamani alle 10 nel corso di una conferenza presso il comando regionale della Gdf, nella caserma Laganà, a cui parteciperanno i vertici della Dda ed il generale Antonio De Nisi.
I due gruppi gestivano anche un vasto giro di droghe sintetiche dirette verso l’Australia, il "giro" sul mercato italiano, invece, riguardava principalmente la cocaina. Dei 43 provvedimenti di fermo, emessi dal pm della Dda catanzarese Vincenzo Luberto, poco più di 20 sono stati eseguiti nell’area di Lamezia Terme, dove sono stati sequestrati beni per dieci milioni di euro, mentre i restanti sono stati fatti nella zona di Cirò Marina, dove i finanzieri hanno apposto i sigilli a beni per circa 40 milioni di euro.
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In particolare, l’operazione odierna costituisce l’epilogo di due distinte attività investigative che hanno dimostrato l’esistenza di altrettante consorterie criminali attive, rispettivamente, nei territori di Cirò Marina e Lamezia Terme, con importanti ramificazioni e proiezioni nella capitale e in altre province italiane tra cui Milano, Napoli, Firenze, Reggio Calabria e Crotone. La prima indagine, denominata “white beach” (dal nome del lido balneare dove erano soliti incontrarsi alcuni degli indagati), ha tratto spunto dall’arresto di Vincenzo Giuseppe Pignola avvenuto a Rossano il 4 agosto del 2009 ad opera di militari della locale compagnia della guardia di finanza, mentre trasportava 3 kg di cocaina nascosti all’interno della sua auto. Gli approfondimenti investigativi sull’episodio, dato che il notevole quantitativo di stupefacente sequestrato faceva presupporre l’esistenza a monte di un’importante organizzazione coinvolta nell’affare, coordinati dalla D.d.a. di Catanzaro consentivano ben presto ai finanzieri del G.o.a. di accertare che Pignola aveva prelevato lo stupefacente a Giugliano (Na) e lo stava trasportando a Ciro’ per conto di una locale associazione criminale. Individuare tale associazione in un gruppo facente capo a S.P.S., il quale si avvaleva della collaborazione dei familiari S.C., S.M. e S.R., nonché di altri personaggi del luogo tra cui i fratelli A.L. e A.N.
I successivi sviluppi dell’attivita’ investigativa comprovavano le potenzialità criminali del sodalizio che era riuscito nel tempo a creare delle solide ramificazioni anche fuori dalla Calabria, soprattutto nel Lazio ed in Toscana, attraverso una fitta rete di collegamenti di cui artefice principale era proprio A.L. In particolare un primo canale faceva capo a C.B. ed al di lei cognato C.C., i quali d’accordo con A.L. e con la mediazione di S.P.S., acquistavano lo stupefacente a Napoli presso I.S. ed il figlio I.D., per poi cederlo sul mercato romano. Un secondo canale di smercio, gestito sempre da A.L., faceva capo a T.P., il quale sempre nella capitale provvedeva a individuare possibili acquirenti dello stupefacente. Un terzo canale era riconducibile a B.N., originario di Ciro’ ma trapiantato in Toscana, il quale riforniva un noto narcotrafficante toscano, B.L.
L’autorità’ giudiziaria disponeva, pertanto, l’avvio di una nuova indagine (denominata “Miseria e Nobiltà” dal nome del locale pubblico maggiormente frequentato), nel cui ambito emergeva, fin da subito, che U.T. aveva quali fornitori R.A., P.G. E B.R., trafficanti legati alle cosche di San Luca, i quali disponevano di una base di stoccaggio in un piccolo centro nei pressi di Milano. Più approfondite indagini consentivano di risalire ad altri soggetti con i quali i lametini intrattenevano diversi affari di natura illecita, tra i quali spiccano C.E.S.L., pregiudicato originario di Lamezia Terme ma residente a Roma, fornitore dello stupefacente destinato al D.M.D., il quale provvedeva poi a smerciarlo sul mercato lametino, D.G.G., altro personaggio lametino gravato da numerosi precedenti penali, dimorante in Lombardia e facente parte della cosca ‘ndranghetistica Daponte–Cannizzaro operante a Lamezia Terme. Analizzando e sviluppando i dati investigativi emersi dalle indagini tecniche, si riusciva, infatti, a risalire ad un traffico internazionale di droghe sintetiche che vedeva coinvolto in qualità di mediatore M.A. originario di Lamezia Terme ma trapiantato a Roma. Quest’ultimo, godendo dell’appoggio finanziario e logistico del padre M.F.S. dimorante in Spagna, gestiva un intenso commercio di tali sostanze che, partendo dall’Iran giungevano in Australia, dopo aver attraversato vari paesi europei. I corrieri utilizzati per il trasporto erano tutti spagnoli e venivano reclutati da un sodale di M.A., tale R.V.S.
Parallelamente alle investigazioni antidroga, i finanzieri del Gico di Catanzaro e dello S.c.i.c.o. di Roma hanno condotto mirate indagini economico-finanziarie, condotte anche con l’ausilio di specifico applicativo di informatica operativa, ideato e realizzato dallo Scico, in collaborazione con la direzione nazionale antimafia, grazie alle quali è stato possibile ricostruire in capo ai principali indagati notevolissimi complessi patrimoniali costituiti, prevalentemente, da beni immobili, attività commerciali e quote societarie, detenuti sia direttamente sia attraverso l’impiego di prestanome. L’esame del materiale investigativo raccolto hanno permesso di accertare che alcuni indagati, ricorrendo ad un complesso intreccio di rapporti societari in continuo mutamento, erano riusciti ad effettuare notevoli investimenti in beni e società, alcuni dei quali in maniera ufficiale, altri ricorrendo a soggetti prestanome, utilizzando le considerevoli disponibilità finanziarie rivenienti dall’attività delittuosa posta in essere.
Il conseguente provvedimento di sequestro preventivo emesso dalla procura distrettuale di Catanzaro, ha riguardato i seguenti beni per un valore stimato in circa 50 milioni di euro: 51 fabbricati, tra i quali alcune ville e abitazioni di pregio, 6 terreni, 26 attività economiche, fra ditte individuali e società, 58 automezzi e svariate quote societarie e polizze assicurative. Fra i beni sequestrati, spicca un prestigioso ed imponente complesso immobiliare ubicato nel comune di Ciro’ Marina che, originariamente costruito per ospitare una casa di cura, e’ risultato nella piena disponibilità di alcuni esponenti delle famiglie Siena e Anania, i quali lo avevano ristrutturato ed ammodernato per adibirlo a struttura ricettiva (hotel e ristorante) e per aprirvi una discoteca.