Sbarco di 170 clandestini, fermati gli otto presunti scafisti
I finanzieri e gli agenti della mobile di Reggio Calabria hanno fermato presunti scafisti e membri dell’equipaggio del peschereccio turco intercettato nella notte di domenica scorsa a 9 miglia dalla costa di Melito Porto Salvo, nel reggino, con a bordo oltre 162 immigrati tra cui anche 34 bambini e 25 donne, una in stato di gravidanza. I “passeggeri” del peschereccio turco erano ammassati a bordo dell’imbarcazione in condizioni degradanti e disumane, ed erano in navigazione da oltre 6 giorni. Esausti e fortemente provati dopo il lungo viaggio sono stati soccorsi dal personale medico e dalle forze di polizia e trasportati presso la struttura recettiva dello “Scatolone”, individuata dalla Prefettura di Reggio.
Oltre agli immigrati clandestini, dopo l’abbordaggio del mezzo ed il suo trasferimento in porto, i militari hanno isolato i presunti membri dell’equipaggio che, fatti sbarcare per ultimi, sono stati condotti in caserma per essere sottoposti ad ulteriori accertamenti. Insieme ai colleghi della polizia, sono state avviate le investigazioni finalizzate a raccogliere ogni possibile elemento di riscontro per individuarne le responsabilità-
Le indagini dei finanzieri del Gruppo e dei poliziotti della Squadra Mobile, condotte dal Pubblico Ministero Sara Amerio e dirette dal Procuratore Aggiunto Michele Giarritta Prestipino, hanno permesso di accertare il coinvolgimento dei 10 soggetti fermati come membri dell’equipaggio del peschereccio che, in concorso tra loro, avrebbero condotto dalla Turchia ed introdotto illegalmente in Italia i 162 extracomunitari, di origine prevalentemente afghana e palestinese, “esponendoli – affermano gli inquirenti - a pericolo di vita e sottoponendoli, durante il viaggio, ad un trattamento inumano e degradante”.
In particolare, dai riscontri delle immagini scattate e dei video girati dai finanzieri all’atto dell’abbordaggio e dalle numerose testimonianze degli altri immigrati rilasciate presso la struttura di accoglienza, si è riusciti ad individuare gli scafisti dell’imbarcazione identificati nel cittadino azero Ahamed Mahmudou, 31 anni, e nel cittadino iracheno Ahmad Maryvan (27), entrambi, tra l’altro, sorpresi ad allontanarsi velocemente dalla plancia di comando al momento dell’irruzione dei finanzieri e tentando di confondersi con i migranti.
Gli altri 6 membri dell’equipaggio, di nazionalità irachena, iraniana ed afghana, hanno, invece, aiutato gli scafisti a vario titolo e con precise mansioni a bordo garantendo l’ordine e la “disciplina” e provvedendo saltuariamente e distribuire i viveri e l’acqua.
Ogni passeggero, come accertato dagli investigatori, avrebbero pagato agli scafisti per il viaggio un compenso di circa 5 mila e 6 mila dollari ciascuno; un affare di oltre 1 milione di dollari per l’organizzazione criminale. Il peschereccio è stato sottoposto a sequestro dai finanzieri del Gruppo e della Sezione Operativa Navale di Reggio Calabria.
Alle attività di indagine ha partecipato anche ulteriore personale della Polizia di Stato della Questura di Reggio Calabria che ha fornito ausilio alle operazioni di riconoscimento degli immigrati e alla raccolta delle testimonianze presso il centro di accoglienza.
Su disposizione del Procuratore Aggiunto Prestipino Giarritta e del Pm Amerio, sono stati eseguiti dai baschi verdi della Gdf e dalla Mobile otto provvedimenti di fermo di indiziato e sono stati tradotti in carcere, a Reggio Calabria, Ahamed Mahmudou nato in Azerbaijan il 31 gennaio 1981, Ahamad Maryvan nato in Iraq il 1 novembre 1985, Rafia Mashaali nato in Iraq il 30 giugno 1993, Haydari Jallat nato in Iran 6 settembre 1987, Abdollah Jabar Ahmad nato in Iraq il 22 giugno 1992, Armand Mohammad Reza nato in Iran il 22 maggio 1975, Jhanizada Ruhid nato in Afganistan il 22 aprile 1991 e Zabeehullah Muhammad nato in Afganistan il 1 ottobre 1980. Tutti sono ritenuti responsabili in concorso dei reati di favoreggiamento ed introduzione illegale nel territorio dello Stato italiano di immigrati clandestini con le aggravanti di aver esposto adulti e bambini a grave pericolo di vita sottoponendoli ad un trattamento inumano e degradante.