Maida convegno su “Costituzione e regionalismo”
Organizzata dalla Fidapa Maida-Vena, dalla Pro loco e col patrocinio del Comune e della Regione Calabria, si è svolto a Maida un interessante convegno sul tema "Costituzione e Regionalismo”. Presenti il prof Paolo Falzea, Ordinario di Diritto costituzionale all’Università Magna Graecia di Catanzaro che, insieme al presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico ha affrontato l'interessante tema davanti ad una platea composta da molti giovani. Un tema delicato e di grande attualità. Dopo i saluti del sindaco Natale Amantea, della presidente Fidapa Maida-Vena, Vincenza Piraina e della vicepresidente distrettuale Fidapa, Angiola Infantino, il prof Falzea ha tracciato il percorso della Carta costituzionale dalla nascita ai nostri giorni, con una eccelsa capacità di sintesi che ha catturato l’interesse la platea. Per Falzea, la Costituzione italiana “è un punto d’arrivo fin dalla nascita ed è scritta in modo fantastico; difficile trovare un testo così chiaro e definito”.
Falzea ha fatto quindi un parallelismo con gli Usa, evidenziato che in Italia “le Regioni hanno deleghe da parte del Governo centrale, mentre in uno Stato federalista accade esattamente il processo inverso: sono Stati in una federazione e hanno poteri come una nazione”. Per Falzea, occorre raggiungere armonia tra lo Stato centrale e le Regioni giacché la Carta costituzionale è strutturata con tre importanti componenti democratiche: autonomia, decentramento e unitarietà della Stato. Nell’intervento di Falzea non sono mancati alcuni passaggi politici per far comprendere meglio ai giovani il percorso storico e le implicazioni con la nascita delle Regioni: dal ’48 al ’70 - ha evidenziato - c’è una sorta di “stallo” istituzionale nel senso che con la nascita della Carta nel 1948 ci fu, di fatto fino al 1970, il predomino elettorale della Dc, poco incline ad elezioni di natura territoriale. Solo con la nascita delle Regioni (e relative elezioni) i territori hanno acquisito di fatto autonomia e si è dato il via a quello che si chiama regionalismo. Con la nascita della Lega poi si realizza l’idea del Federalismo, ma si afferma contestualmente una maggiore voglia di autonomia anche nel resto del Paese. Insomma, in un contesto di rinnovate esigenze, si fa strada - ha sottolineato altresì Falzea - una legge come la “Bassanini” che attua però solo leggi ordinarie. In seguito assistiamo al fallimento della Bicamerale presieduta da D’Alema e, successivamente, alla modifica del Titolo V. Tutto questo per sottolineare come nel corso degli anni il dibattito sulla struttura portante dello Stato continua ad esercitare un ruolo preminente nel contesto storico e politico del nostro Paese.
Per Falzea la soluzione “non può essere ricondurre tutto a livello centrale. Non è ammissibile, per esempio, accorpare a tavolino le Province, appare difficile infatti delegare al Governo competenze che sono solo dei territori”. In un clima sociale e politico sempre in fermento e nell’ambito di un dibattito oltremodo aperto, per il presidente del Consiglio regionale, Talarico “le Regioni, soprattutto dal 2000 in poi, sono un punto fermo perché comunque garantiscono stabilità. Prima di quella data - ha sottolineato - esistevano solo Regioni in crisi, nel senso che non c’era un quadro di riferimento stabile. Le Giunte duravano pochi mesi e difficilmente si poteva programmare. Oggi, nel bene o nel male, c’è la possibilità di completare la legislatura e verificare alla fine del mandato quanto è stato fatto.
Lo Statuto regionale ha una grande valenza; si ha un controllo maggiore della spesa, si pianificano gli interventi, grazie anche ai Fondi comunitari e l’introduzione del Federalismo fiscale nel 2001 ha poi determinato una svolta significativa. C’è, di fatto, una nuova mentalità nel governare e ritengo che l’Ente regionale è utile anche a indirizzare lo sviluppo del territorio nel suo complesso. Penso per esempio a quanti finanziamenti a pioggia sono caduti sul territorio senza poi avere un tornaconto davvero utile. Regionalismo - ha affermato Talarico - significa questo: saper scegliere in base alle caratteristiche dei nostri centri, senza voler per forza accontentare tutti in modo improduttivo. Ecco perché è importante un regionalismo che sappia pianificare a monte e varare delle leggi utili negli anni (anche abolirne di inutili come abbiamo iniziato a fare noi), senza essere soggetti alle discrezionalità dell’amministratore del momento. Io credo che oggi sia importante partire dai territori e valorizzare quanto di buono viene prodotto. Così come, e l’ho detto anche di recente, è sbagliato abolire le Province, con criteri oltremodo discrezionali, O si aboliscono tutte o discutiamo di un riordino che rispetti le singole peculiarità. Ma facciamolo attraverso passaggi costituzionali. E’ impensabile che si decidano tagli sulla base di criteri che riguardano i chilometri quadrati, le popolazioni e quant’altro.
E’ sbagliata l’idea che 50 Province rimangono e 35 vengono soppresse, così facendo di creano malcontenti e non si raggiunge alcuna soluzione, se non quelle che stiamo vivendo in questi giorni con conseguenze ancora più incomprensibili e confuse di prima”. Un dibattito che ha coniugato l’interesse preminente della salvaguardia di una Costituzione, universalmente riconosciuta come una delle più avanzate in assoluto, e la struttura decentrata dello Stato che vede nelle Regioni, l’avamposto istituzionale per antonomasia. Alla discussione, hanno portato un lodevole contributo i giovani ponendo molte domande.