Diffamazione: assolti ed direttrice ed ex capo servizio della Provincia
La suprema corte di Cassazione ha assolto i giornalisti Guido Scarpino e Jeunevieve Makaping, accusati rispettivamente di diffamazione a mezzo stampa e di omesso controllo, per un articolo pubblicato il 15 agosto 2005 sul quotidiano "La Provincia Cosentina".
I due professionisti erano stati condannati il 7 luglio 2009 dal tribunale di Cosenza (rispettivamente a un mese e due mesi e al risarcimento dei danni) e la condanna era stata ratificata il 21 maggio 2012 dalla Corte d' Appello di Catanzaro, ma la Cassazione li ha assolti in pieno, annullando la condanna senza rinvio, contestando l'erronea applicazione della legge. Scarpino e Makaping - all'epoca dei fatti caposervizio del Tirreno e direttore responsabile del quotidiano - erano stati querelati dall'ex sindaco e consigliere provinciale di Amantea, Giovanni Battista Morelli, dal figlio dell' ex sindaco e consigliere regionale, Alfredo La Rupa, e da persone loro vicine. Nell'articolo considerato diffamatorio si affermava che le persone interessate erano indagate, contrariamente al vero, per associazione per delinquere finalizzata al falso ideologico, al voto di scambio ed all'abuso d'ufficio. I dieci querelanti, in effetti, erano stati denunciati dalla Digos di Cosenza, ma la Procura di Paola aveva ritenuto non doverli iscrivere nel registro degli indagati. C'era dunque un' indagine della Digos a carico di diciassette persone, ma solo alcuni nomi erano formalmente indagati.
La Cassazione ha cosi' motivato l'assoluzione piena: "Non sembra sia in discussione, ne' nella decisione di primo grado, ne' che in quella d'appello, che i nomi delle parti offese fossero inseriti, a seguito di denuncia, in una informativa che la Digos della Questura di Cosenza aveva inviato il 24 maggio 2005 alla Procura della Repubblica di Paola e dalla quale non era scaturita alcuna indagine penale. Appare, quindi, del pari indiscutibile come alla data di pubblicazione dell'articolo incriminato (15 agosto 2004) i soggetti ivi indicati fossero all'esame delle determinazioni dell'organo inquirente e, di conseguenza, "sotto la lente d'ingrandimento" della Procura della Repubblica. Nella specie - aggiunge la Cassazione - non puo' farsi, quindi, questione dell'effettiva iscrizione o meno dei soggetti indicati nell'articolo pubblicato nel registro degli indagati e dell'effettivo esercizio o meno dell'azione penale in quanto il giornalista, previo effettivo riscontro circa la trasmissione dell'informativa della Polizia di Stato, aveva esaurito il proprio dovere di controllo in merito all'esistenza di un'indagine nei confronti dei soggetti indicati nell'informativa stessa. Non rientra nei limiti dell'esigibilita', pertanto, l'utilizzazione in senso tecnico del termine "indagato", secondo le norme del codice di procedura soprattutto allorquando all'utilizzazione di tale termine si sia accompagnata, nell'ottica di un esame globale della notizia diffusa, l'ulteriore affermazione "atecnica" della indicazione di nominativi di persone "sotto la lente d'ingrandimento della Procura". Scarpino, che oggi e' caposervizio a Calabria Ora, ha reso noto d'aver conferito incarico a uno studio legale di Paola per valutare la predisposizione di una citazione in giudizio, innanzi al giudice civile, per la richiesta del danno, in solido, a carico delle dieci parti civili.