Santa Barbara: vigli del fuoco e marina militare festeggiano la loro Patrona
Anche quest'anno, come tradizione, Santa Barbara Patrona dei Vigili del Fuoco e dei Marinai è stata festeggiata in tutta la Calabria e l'Italia. A Reggio la Cerimonia è stata celebrata alla presenza di autorità civili, militari e religiose dall'arcivescovo di Reggio Calabria e Bova, Vittorio Mondello. Nel suo discorso, il comandante provinciale Claudio Manzella ha parlato di prevenzione, di rischio e di cambiamento.
Riceviamo e pubblichiamo:
DISCORSO DEL COMANDANTE PROVINCIALE DEI VIGILI DEL FUOCO REGGIO CALABRIA DOTT. ING. CLAUDIO MANZELLA
Signor Prefetto, Monsignor Mondello, gentili Autorità, gentili ospiti, grazie a nome di tutti i Vigili del Fuoco della Provincia di Reggio Calabria per essere qui con noi ad onorare Santa Barbara, Patrona dei Vigili del Fuoco e della Marina Militare.
Un ringraziamento particolare voglio esprimere al Direttore Marittimo della Calabria e della Basilicata per aver voluto condividere insieme a me, con i marinai della Capitaneria di Porto ed i Vigili del fuoco reggini, la festività di Santa Barbara.
L'anno che sta per concludersi è stato un anno difficile per il Corpo Nazionale, che ha dovuto affrontare ben tre grandi emergenze: il terremoto dell'Aquila, l'esplosione di un carro merci alla stazione di Viareggio e l'alluvione di Messina.
In questo anno horribils il Comando di Reggio Calabria è stato chiamato a rispondere a 8700 chiamate di soccorso, ma ha fortemente contribuito ad assistere quelle popolazioni colpite duramente dal sisma del 4 aprile. Ma l'opera umanamente più difficile è stata svolta in quel di Giampilieri nel recuperare i corpi dei tanti bambini strappati alla vita in quel 2 ottobre di acqua e di fango.
Il Dispositivo di Soccorso Provinciale ha anche dato appropriate risposte nella Campagna antincendi boschiva appena trascorsa, grazie al nuovo modello di coordinamento delle forze antincendio in seno al Centro Operativo Provinciale; infatti le rinnovate sinergie con il CFS, la AFOR e la Regione Calabria hanno contribuito ad una riduzione del 52% degli interventi su incendi di bosco dei Vigili del Fuoco in provincia rispetto all'anno 2008.
Ma il 2009 è stato anche l'anno dello "start up" dell'attività di vigilanza alle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi fortemente voluta dal Signor Ministro dell'Interno con ben 30 visite compiute in provincia nel 2° semestre a scuole, strutture sanitarie e centri commerciali, attività lavorative a forte impatto sociale da tutelare con particolare attenzione.
Il nuovo testo unico sulla sicurezza negli ambienti di lavoro, infatti, emanato con il Decreto Legislativo 81 del 1 febbraio 2008, ha razionalizzato le norme in tale campo, ma le leggi sono condizione necessaria, ma non sufficiente per rendere veramente sicuri i luoghi di lavoro.
Ma quale può essere il valore aggiunto da corrispondere ai lavoratori per far crescere la sicurezza nel mondo del lavoro?
Tutti coloro che a vario titolo si occupano di sicurezza hanno il dovere di porsi tale domanda e nel contempo ricercare risposte utili, affinché vengano attivate iniziative e comportamenti efficaci per contrastare e ridurre i rischi nel mondo del lavoro.
La prevenzione deve essere considerata da tutti l'attività indispensabile per minimizzare ogni rischio; ma cosa si deve fare per attualizzarla e contestualizzarla alle crescenti richieste di sicurezza della nostra società?
Consentitemi, da ingegnere che si occupa quotidianamente di prevenzione incendi, di indicare alcune strade, che ritengo siano necessarie per contrastare la lotta agli incidenti sul lavoro.
I concetti sociologici di rischio, pericolo e sicurezza definiti da Nikolas Luhman, uno dei maggiori esponenti della sociologia tedesca del XX secolo, aprono a tale domanda nuove risposte.
Considerare il binomio rischio/pericolo, piuttosto che rischio/sicurezza, contrastare la causa più importante degli incidenti, il fattore umano, sono le nuove strade da perseguire.
Le campagne di prevenzione che utilizzano il termine "sicurezza" non apportano significativi benefici, in quanto proporre una prospettiva di sicurezza significa non osservare gli altri danni possibili visti da altri osservatori, perché ogni persona è un osservatore e come tale da significati diversi alle azioni che si presta a compiere.
Se le procedure di "sicurezza" permettono di proteggere il lavoratore da possibili danni specifici e prevedibili; promuovere il concetto di sicurezza significa rendere cieche le persone verso altri danni non specifici, non previsti.
Se è utile promuovere delle procedure e dei comportamenti che statisticamente riducano la probabilità di danno, utilizzare il concetto di sicurezza può essere pericoloso. Promuovere un "senso di sicurezza" rischia, infatti, di ridurre l'attenzione verso i danni non specifici, imprevisti. Per questo è più utile promuovere il concetto di rischio, di selezione dei rischi ed attivare le motivazioni del lavoratore ad autoproteggersi.
La maggioranza degli interventi di prevenzione degli incidenti sul lavoro e che riguardano il fattore umano, sono rivolti a produrre maggiore informazione; ma chi fa informazione da per scontato un presupposto: "più il lavoratore è informato più è sicuro".
Numerose ricerche hanno dimostrato che tale presupposto non è veritiero. Infatti l'informazione ha un effetto neutro sulle scelte del lavoratore.
Si prenda per esempio l'impiego del casco nei cantieri; tutti sono informati della necessità di utilizzo di tale protezione, tuttavia la scelta di usare il casco non è molto diffusa.
Molti individui, inoltre, non interpretano come rischiose alcune loro azioni. Le ricerche sui rischi relativi: all'uso di sostanze, agli incidenti stradali indicano che coloro che affrontano i possibili danni (coma etilico, overdose, incidente mortale, ecc.) nella maggioranza dei casi non interpretano le loro azioni come rischiose, ma piuttosto come pericolose.
Questo significa che tali soggetti osservano come esterne (non dipendenti da loro) le cause di eventuali danni, e quindi ritengono di non poter far nulla riguardo al possibile danno.
In questi casi la struttura comunicativa (e/o psicologica) del "NON A ME" non viene scalfita dall'informazione: un lavoratore che utilizza la struttura comunicativa del "non a me" può essere informato, ad esempio, che una determinata percentuale di incidenti sono dovuti al non utilizzo del casco, ma continua a credere/comunicare nella modalità "NON A ME"; il problema reale non viene percepito come proprio, ma come un problema che riguarda altri.
Tutto questo comporta delle importanti conseguenze: coloro che subiscono un incidente, nella maggior parte dei casi, non hanno affrontato consapevolmente il rischio, perché l'informazione viene processata dal soggetto attraverso le strutture comunicative e/o psicologiche (es. NON A ME; SE CAPITA, CAPITA; IL DESTINO/LA FORTUNA).
Talvolta i rischi percepiti sono diversi da quelli proposti dalle campagne d'informazione sulla sicurezza; spesso si percepisce il rischio di sanzione e non quello di danno fisico. Ad esempio il ragazzo, alla guida ubriaco, fa la strada dei campi per evitare i carabinieri, in questo caso la legislazione rende socialmente visibile un rischio, la sanzione, a scapito di un altro, l'incidente.
Un nuovo modo di fare prevenzione, pertanto dovrà essere ricercato prevedendo strutture comunicative rischiogene differenti rispetto alle attuali, che consentano il cambiamento di prospettiva da un'osservazione di pericolo/sicurezza ad un osservazione di rischio, con il lavoratore che sentendosi a rischio tende ad autoproteggersi.
Per esemplificare pensiamo ad un parallelo tra due lavoratori: un manovale e un soldato in missione in zona di guerra. Statisticamente le probabilità di subire danni relativi alla loro attività lavorativa potrebbero essere uguali, diverse sono invece le percezioni del rischio e le motivazioni a proteggersi dai possibili danni. La differenza sta nell'osservazione del rischio: il soldato si sente a rischio e usa tutte le precauzioni previste dai regolamenti. Il manovale probabilmente è anche informato su tutte le regole di sicurezza, ma la situazione sociale è diversa, potrebbe sentirsi in pericolo o sicuro. Mentre il soldato ha un'elevata attenzione verso danni imprevisti, il manovale si ferma al rispetto delle regole di sicurezza previste nel cantiere.
Fare prevenzione negli ambienti di lavoro presuppone lavorare sulla cultura del rischio (che non significa scegliere tra rischio e sicurezza, ma scegliere tra rischio e rischio: ad esempio, fare attenzione o fare in fretta; guidare ubriaco o divertirsi con gli amici; correre in macchina o arrivare tardi al lavoro?).
Nel campo della sicurezza negli ambienti di lavoro anche i Vigili del Fuoco dovranno cambiare passo, per attualizzare la loro opera di prevenzione. Tutto ciò sarà impegnativo, come ogni cambiamento, ma consentitemi di fare nostra una massima di un educatore del 900, Laurence Peter, che riassume il nostro impegno per il cambiamento. "Gran parte del progresso nella qualità della vita è il risultato dell'opera di individui impegnati a fare ciascuno il proprio dovere con abilità e coscienza. Molte scontentezze personali, nonché tanti difetti dei prodotti e dei servizi, sono la conseguenza del tenere lo sguardo fisso in alto, allo scalino superiore, invece che dritto davanti a sé, al lavoro che si sta facendo".
Viva i Vigili del Fuoco della Provincia di Reggio Calabria,
Viva i Vigili del Fuoco d'Italia.