Nuova Legge Lazzati, il M5S ne propone l’approvazione al Parlamento.

Calabria Politica

Ieri il MoVimento 5 Stelle ha dato inizio alla Terza Repubblica con la presentazione di un provvedimento di contrasto alle mafie, per la liberazione delle Istituzioni elettive dagli uomini del malaffare. Presso la Camera dei Deputati, il M5S ha depositato il primo disegno di legge - primo firmatario il deputato calabrese Sebastiano Barbanti - per l’abrogazione e la sostituzione della legge n. 175/2010, la c.d. legge Lazzati che, dopo diciassette anni dalla prima presentazione, fu licenziata dal Parlamento con numerose criticità di ordine tecnico-normativo che, di fatto, ne hanno ostacolato l’applicazione.

Tali anomalie ed incongruenze emergevano in tutta la loro evidenza già nel corso dell’esame del relativo disegno di legge, atto n. 2038 del Senato della Repubblica, e venivano discusse nella seduta n. 433 del 6 ottobre 2010, così come riportato nel relativo ordine del giorno G.1.1., con la promessa del Governo di porvi rimedio in occasione della riorganizzazione del quadro normativo che avrebbe poi portato alla pubblicazione del codice delle leggi antimafia di cui al D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Nulla di fatto, poiché il codice antimafia, agli artt. 67 e 76, fa esclusivo e pedissequo riferimento alla legge n. 175/2010, anomalie ed incongruenze comprese. Alla medesima fine era destinata anche la successiva proposta di legge correttiva presentata alla Camera dei Deputati il 14 marzo del 2011 con il n. 4171, purtroppo mai inserita nel calendario dei lavori parlamentari.

Ieri, dopo ben vent’anni dalla primigenia presentazione alla Camera dei Deputati - del 16 febbraio 1993, allorquando dalla Calabria partiva l’operazione VOTI PULITI ed a Milano era già in atto l’operazione MANI PULITE - il M5S ha inteso sottoporre all’approvazione del Parlamento un disegno di legge nella specifica veste del testo originario pensato e redatto dal Presidente Aggiunto Onorario della Suprema Corte di Cassazione Romano De Grazia, prima d’ora, non a caso, ivi mai approdato. Proprio così, non è un caso che il testo del Giudice Romano De Grazia, finora, non abbia mai trovato fortuna, eppure doveva risultare privo di quelle anomalie ed incongruenze che viceversa sono contenute nella legge n. 175/2010.

Tanto per essere più precisi, sulla bontà del testo del Giudice De Grazia si sono espressi Vittorio Grevi (titolare della cattedra di procedura penale all'università di Pavia e opinionista del Corriere della Sera), Federico Stella (titolare della cattedra di diritto penale dell’università Cattolica di Milano) e Cesare Ruperto (Presidente Emerito della Corte Costituzionale), solo per citare alcuni dei più insigni giuristi italiani che, unitamente a diversi Presidenti di Sezione della Suprema Corte di Cassazione, hanno avuto modo di analizzarne e valutarne il contenuto, la dirompente portata innovativa, costituzionalmente orientata e, in generale, coordinata ed integrata con l’impianto legislativo del nostro Paese.

Stranezze del vecchio sistema politico o puramente semplici distrazioni del Legislatore che pure avrebbe potuto evitare di approvare un vero e proprio abominio giuridico, colmando una lacuna del sistema ed al tempo stesso eliminando un paradosso normativo, per assicurare un’efficace tutela della trasparenza nella vita politica, come opportunamente evidenziava il Prof. Vittorio Grevi già nel primo commento apparso sull’edizione del Corriere della Sera del 22 marzo 1993.

Una volta approvata la nuova legge Lazzati il sottoposto alla speciale misura di prevenzione antimafia, cioè il mafioso, non solo non potrà scambiare il proprio voto che lo Stato non gli consente di esprimere, ma nemmeno potrà raccogliere e scambiare il voto degli altri affiliati malavitosi, ovvero usare l’arroganza e la forza proprie dell’agire mafioso per condizionare o limitare il diritto di voto dei cittadini onesti. Saranno finalmente restituite immagine e credibilità alle Istituzioni della Repubblica e, sopratutto, ripristinato, al momento elettorale, lo Stato di diritto. A sostegno dell’iniziativa legislativa, nel mese di giugno p.v., è in programmazione la realizzazione di un evento nazionale del M5S, fortemente voluto dal MU calabrese, cui tutti sono “chiamati” a partecipare.

Ecco il testo dell’articolato:

Disposizioni concernenti il divieto di propaganda elettorale per le persone appartenenti ad associazioni mafiose e sottoposte alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

Art. 1. Alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla 'ndrangheta o ad altre associazioni comunque localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso, sottoposte alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, è fatto divieto di svolgere propaganda elettorale in favore o in pregiudizio di candidati o simboli, con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente.

Ai fini della presente legge è da intendersi per propaganda elettorale qualsiasi attività diretta alla raccolta del consenso svolta in occasione di competizioni elettorali e caratterizzata da molteplicità di atti, coinvolgimento di più persone, impiego di mezzi economici e predisposizione all'uopo di una sia pur minima struttura organizzativa.

Art. 2. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato ai sensi degli artt. 416 bis e 416 ter cod. pen., il sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che, trovandosi nelle condizioni dì cui all'art. 1, propone o accetta di svolgere attività di propaganda elettorale, e il candidato che la richiede o in qualsiasi modo la sollecita sono puniti con la reclusione da uno a sei anni.

Art. 3. Con la sentenza di condanna il Giudice dichiara il candidato ineleggibile per un tempo non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci e, se eletto, ne dichiara la decadenza.

Nel caso in cui il candidato sia un membro del Parlamento, la Camera di appartenenza adotta le conseguenti determinazioni secondo le norme del proprio regolamento.

Dette sanzioni si applicano anche in caso di patteggiamento di pena a sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. o di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena a sensi dell'art. 163 cod. pen.

Il Giudice ordina, in ogni caso, la pubblicazione della sentenza di condanna ai sensi dell'art. 36, commi 2, 3 e 4, cod. pen. e la trasmissione della sentenza passata in giudicato all'Ufficio Elettorale del Comune di residenza del candidato per le relative annotazioni.

Art. 4. È abrogata la legge n. 175 del 13 ottobre 2010, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 27 ottobre 2010, n. 252 ed è sostituita dalla presente legge.