‘Ndrangheta: ex collaboratore Lo Giudice manda 2° memoriale
L'ex collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice, scomparso il 6 giugno scorso dalla localita' protetta, dove scontava i domiciliari, subito dopo avere inviato un memoriale in cui ritrattava tutte le accuse, torna a farsi vivo con un secondo memoriale. Ieri l'avvocato Giuseppe Nardo, gia' destinatario insieme a un altro avvocato del primo memoriale, ha trovato infilato sotto la porta d'ingresso del suo studio un plico postale affrancato ma non spedito attraverso il servizio postale. All'interno, ha reso noto in serata il legale, vi era un memoriale a firma di Antonino Lo Giudice, composto da fogli dattiloscritti e numerati con tre diverse serie.
Insieme al memoriale dattiloscritto vi era anche un supporto informatico contenente un messaggio audio video che riassume il contenuto del memoriale, il file audio che gia' aveva inviato precedentemente, riguardante la consegna per finta di documenti e fotografie, a dire dell'ex pentito richiestegli dal Dr Donadio, sostituto procuratore nazionale Dna, e la registrazione audio dell'udienza del 14.12.2012 tenutasi nel procedimento "Meta" davanti al Tribunale di Reggio Calabria. Lo Giudice ha chiesto all'avvocato, che non e' il suo legale di fiducia, di divulgare il contenuto della sua lettera e dei video e audio allegati alla stampa. L'avvocato Nardo annuncia che quanto ricevuto sara' consegnato alla Procura di Reggio Calabria per gli adempimenti di sua competenza. Nel memoriale Lo Giudice fa un elogio del pm Giuseppe Lombardo, spiega le ragioni del suo allontanamento, ribadisce di avere accusato il magistrato Alberto Cisterna su istigazione dell'allora procuratore della DDA di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, dell'aggiunto Michele Prestipino e del sostituto Beatrice Ronchi, dell'allora capo della Squadra Mobile Renato Cortese e dell'avv. Fernando Catanzaro. Ancora, Lo Giudice si rivolge a Di Landro dicendo che non e' lui l'autore degli attentati e che ha coinvolto persone innocenti. In particolare, con riguardo all'attentato alla casa del Procuratore Generale del 26 agosto 2010 Lo Giudice fornisce un alibi, non solo a se stesso, ma anche ad Antonio Cortese, scagionandolo del tutto. Quella sera, infatti, al momento dell'attentato, Lo Giudice Antonino e Cortese Antonio si sarebbero trovati assieme alla compagna di Logiudice, Laila Taoui, e a tale Bouchra Kabli in una pizzeria di via De Nava a Reggio Calabria.
"Per quanto riguarda l'omicidio di Calabro' Francesco mi sono ricordato che il Villani mi confido' che durante la colluttazione dentro l'auto, aveva perso una chiave che era dell'abitazione di cui io gli avevo ceduto a scopo umanitario. Ora io non so se questo puo' aiutarvi, ma, spero che venga ritrovata". L'affermazione e' contenuta nel secondo memoriale inviato dall'ex collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, scomparso lo scorso giugno dal luogo protetto dove scontava gli arresti domiciliari. Gia' nel primo memoriale, di giugno scorso, Lo Giudice ha affrontato l'argomento della morte misteriosa di Francesco Calabro'. "Il Villani - scriveva nel primo memoriale Lo Giudice - e' responsabile degli omicidi dei Carabinieri (Fava e Garofalo ndr) uccisi per mano di due mercenari di armi incoscienti, uno villani e, l'altro Giuseppe Calabro'". "Inoltre - continuava lo scorso giugno Lo Giudice - sono a conoscenza diretta, per che' mi e' stato confidato dal Villani che a uccidere Calabro' Francesco e' stato proprio lui, mi disse che aveva un appuntamento in un bar al centro citta' nei pressi di piazza Garibaldi (non ricordo il nome) e li' il Villani gli fece una proposta per una partita di armi e che si trovavano nei pressi del porto di Reggio Calabria, approfittando della sua debolezza mentale lo trascino' fino al porto, giunti sul posto il Villani essendo sulla stessa auto gli diede un pugno in faccia e il povero Francesco sveni', approfittando che erano coperti dalla visuale di un rimorchio gli scese il freno a mano e lo fece cadere in acqua, dopo che si assicuro' che non tornava a galla scappo' a piedi verso il centro a recuperare la sua auto". L'auto di Francesco Calabrese, una Smart, e' stata rinvenuta proprio poco tempo prima del primo memoriale nelle acque del porto reggino. All'interno i resti umani quasi certamente appartenenti a Francesco Calabrese, l'imprenditore che era scomparso dal 2006, fratello del collaboratore di giustizia Giuseppe Calabro', il quale pero' non fu creduto dai giudici che lo condannarono a una pesante pena. (AGI)