Droga, estorsioni e minacce per estorcere il “pizzo”. 13 arresti in Toscana e Calabria
I carabinieri del comando provinciale di Lucca stanno procedendo, in Toscana e Calabria, all'esecuzione di 13 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del tribunale di Firenze, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Gli indagati, nelle province di Lucca, Pistoia, Crotone e Reggio Calabria, sono accusati di far parte di due distinte associazioni per delinquere: una finalizzata ad estorsioni, minacce, incendi e detenzione di armi, l'altra al traffico di stupefacenti.
A quello che gli investigatori indicano come capo delle due diverse organizzazioni criminali, Giuseppe Lombardo, un calabrese residente ad Altopascio da diversi anni, appartenente ad una storica famiglia di 'ndrangheta, è contestata l'aggravante di aver agevolato la cosca Facchineri, operante a Cittanova (Reggio Calabria) e con ramificazioni in Lombardia. Lombardo infatti, secondo il giudice, non solo consegnava parte dei proventi dell'attività dell'organizzazione criminale ai parenti liberi dei Facchineri ma avrebbe usato metodi mafiosi per sfruttare il potere intimidatorio della cosca di alla quale diceva di appartenere.
Agli arrestati sono contestati diversi episodi di incendi e danneggiamenti ai danni di imprenditori locali (furgoni, abitazioni, capannoni), ai quali tentavano di estorcere il pizzo, e altri incendi, violenze e minacce a mano armata nei confronti di chi tardava a pagare le partite di stupefacenti acquistate. L'organizzazione criminale, infatti, avrebbe controllato il traffico della droga in zona, droga importata dalla Calabria e poi rivenduta sul mercato toscano. Le indagini hanno permesso anche il recupero di numerose armi da fuoco nella disponibilità della banda e di ingenti quantitativi di droga.
I particolari dell'operazione verranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle 11 al comando provinciale di Lucca. (AGI)
AGGIORNAMENTO
14:28 | Anche la guardia di finanza ha avuto un importante ruolo nell'indagine 'Runner' che ha portato in manette 13 persone, tra cui il boss della 'ndrangheta Giuseppe Lombardo. Il gico della Gdf ha individuato i beni riconducibili a Lombardo e ha effettuato un accertamento patrimoniale sui componenti dell'associazione per delinquere, al fine di individuare i beni non giustificati dai redditi dichiarati da Lombardo, per richiederne il sequestro finalizzato alla confisca.
Sono stati individuati beni per un valore complessivo di oltre 1,4 milioni di euro e di questi il Gip ha disposto il sequestro di: una villa e un appezzamento ad Altopascio; un appartamento di 7 vani e un'autorimessa sempre ad Altopascio; una Bmw 5,30D del 2011, una Renault Clio del 2013 e un motociclo tutti intestati alla moglie di Lombardo, Angelica Zottola; un'abitazione di 6 vani a Chiesina Uzzanese (Pt) con magazzino e autorimessa, due terreni a Chiesina Uzzanese; una Golf 2.0 del 2010; un dossier titoli del valore di 45mila euro, tutti intestati a Maria Lombardo. La GDF ha evidenziato nel corso della conferenza stampa l'alto tenore di vita della famiglia Lombardo, segnalando i ripetuti viaggi in Calabria, la villeggiatura che dura almeno 2 mesi, le vacanze sulla neve a Natale (periodo di altissima stagione), il pssesso di una villa, attribuita dallo stesso Lombardo di un milione di euro e di un'auto, la Bmw, di almeno 70mila euro tutto questo a fronte di redditi dichiarati assolutamente non congrui. Nel 2011, Lombardo aveva dichiarato 4mila 500 euro di reddito annuo e la moglie 10mila 200.
Giuseppe Lombardo, fa parte di una famiglia storica della 'ndrangheta: suo padre, Antonino, apparteneva alla cosca Facchineri di Cittanova (Rc), arrestato per mafia nel 1997 e condannato definitivamente nel 2003, era sfuggito nel 1987 a un agguato mafioso nell'ambito di una faida tra famiglie, dove mori' un altro figlio, Angelo, e altri due rimasero feriti. Temendo per la propria vita, Antonino decise di "cambiare ariA" e si trasferi' ad Altopascio assieme al figlio Giuseppe, che, all'epoca, aveva 22 anni. Quest ultimo però rimase in contatto con il clan di appartenenza i Facchineri. Anzi, se n'è fatto vanto e ha riproposto il modello 'ndranghetista ad Altopascio.
Non solo: Lombardo ha mantenuto forti i legami con un'importante famiglia della 'ndrangheta, i Facchineri e lui stesso ammette di appartenere alla cosca che fa capo a tale famiglia. Nella Relazione annuale della Commissione parlamentare d inchiesta del 2008, Giuseppe Lombardo viene indicato quale organicamente appartenente alla cosca Facchineri in Toscana ed autore del tentato omicidio di un nomade, Sebastian Fudorovic, nel 2006. Inoltre, i militari dell'Arma di Lucca che hanno svolto le indagini hanno documentato numerosi viaggi che Lombardo ha fatto a Cesano Boscone e Lacchiarella i due comuni nel milanese dove vivono i familiari di Vincenzo e Giuseppe Facchineri, ambedue detenuti, per ricevere direttive sulle attività illecite in corso, ma anche e soprattutto 'Per portare i soldi ai carcerati', come lui stesso diceva, portando denaro ai familiari dei due Facchineri incarcerati. Dalle indagini emerge che Lombardo racconta di far parte della cosca e di avere il controllo di un autosalone di Trezzano sul Naviglio e usare anche metodi violenti, pur di recuperare i soldi provenienti dalla vendita delle auto. Sempre da quanto emerso in corso di indagine, Lombardo affermerebbe che se la legge dovesse raggiungerlo, la sua famiglia potrebbe trovare tranquillamente rifugio all'estero e lui farebbe più danni di Riina, ma personalmente, senza mandare nessuno.
Quando minaccia qualcuno, spesso lo fa citando la propria appartenenza al clan Facchineri, con i quali vanta una parentela e afferma che, nei 4 anni in cui è stato detenuto, la famiglia non lo ha mai abbandonato. Il Gip concude che Lombardo fa parte della cosca, la sorregge economicamente nel momento del bisogno, ne porta i pizzini, si mette a disposizione, ne cura gli interessi economici in Toscana. Le sue violenze e minacce assumono la veste propria della violenza o minaccia mafiosa. Moltissime le 'partecipazioni' che si addebitano a questa organizzazione dall'indagine 'Black Hawks' della GDF di Milano del 2012, dove emerge chei Facchineri hanno il controllo di alcuni autosaloni nel milanese, al doppio attentato incendiario ad Altopascio; all'incendio dell'auto di un albanese ex amico di Lombardo (2011); all'incendio di un magazzino a Santa Croce Sull'Arno e le minacce di morte a mano armata al proprietario che non aveva ancora pagato una fornitura di cocaina. Dell'associazione di cui fanno parte anche Spataro, Maria Lombardo e Antonio Barbuto, invece, vengono contestate numerose cessioni di stupefacente e, quindi, sono a monte di numerosi sequestri di droga effettuati nell'arco delle indagini.
14:46 | Nel corso delle indagini, carabinieri e guardia di finanza hanno individuato tutti i membri della cosca della n'drangheta che aveva messo le radici in Toscana. Come scrive il Gip nell'ordinanza, si trattava di persone 'Prive di scrupoli e ossequiose alle direttive del capo'. C'era Antonio Scavelli, uomo di fiducia e tuttofare di Lombardo che viveva in una casina di legno costruita in un campo di Lombardo e che aveva il compito di informare e vigilare, al fine di informare 'il capo' di quanto accadeva ad Altopascio, ma che vendeva anche la droga per Lombardo.
C'era Gianluca Cecere, napoletano, anche lui residente ad Altopascio e spacciatore e che, nel corso delle indagini, si è trasferito a Ciro' Marina in provincia di Crotone; e ancora, Salvatore Spataro, cognato di Lombardo, calabrese e residente a Chiesina Uzzanese (Pistoia), che aveva il doppio ruolo di spacciatore e corriere della droga dalla Calabria alla Toscana, anche usando auto a noleggio per eludere i controlli della polizia; Salvatore Varsalona, palermitano residente ad Altopascio, già condannato in via definitiva per omicidio, oltre a spacciare aveva il compito di 'riscuotere i crediti', essendo particolarmente violento; Alessio Mecca, pesciatino residente ad Altopascio, spacciatore con Varsalona della droga portata da Spataro; Fabio Nottoli di Altopascio che, su mandato di Lombardo, sospettato di aver scagliato una bottiglia incendiaria contro l'abitazione dell'imprenditore altopascese che non pagava il pizzo, ma che, al processo è stato giudicato non colpevole del fatto per mancanza di prove; Giuseppe Violi, residente a Cittanova (Rc), carrozziere, referente calabrese di Spataro, al quale forniva lo stupefacente quando questo andava in Calabria, che nascondeva abilmente all'interno dell'auto. Michele Napoli, residente a Melicuccà (Rc) era un altro corriere di fiducia; Angelica Zottola, moglie di Giuseppe Lombardo e Maria Lombardo, sorella di Giuseppe e moglie di Spataro, entrambe consapevoli delle attività illecite dei mariti e attive all'interno dell'organizzazione; Francesco Benevento, crotonese residente ad Altopascio, spacciatore come anche Antonio Barbuto calabrese residente a Pescia e Luca Tomei di Castelfranco di Sotto (Pisa), spacciatore che, oltre a spacciare, funge da intermediario tra Lombardo e dei nomadi per l'acquisto di 4 fucili rubati e 50 cartucce, tutte ritrovate e sequestrate dai carabinieri durante le indagini.
L'operazione 'Runner' che si è conclusa oggi a Lucca e che ha portato i carabinieri del capoluogo toscano e la Gdf a scoprire una cosca della 'ndrangheta che operava tra la provincia di Lucca, quella di Reggio Calabria e quella di Milano, è iniziata nel 2011, a seguito di un attentato incendiario avvenuto ad Altopascio, dove risiede il boss della cosca, Giuseppe Lombardo. A prendere fuoco furono due furgoni di proprietà di un imprenditore della zona, preso di mira dalla cosca, tanto che solo pochi giorni dopo anche la sua abitazione fu oggetto di un secondo attentato incendiario.
I sospetti dei carabinieri che indagarono su questi due episodi si indirizzarono immediatamente verso Giuseppe Lombardo, di origine calabrese, da anni residente in Toscana e fortemente sospettato di appartenere alla 'ndrangheta. Indagini rese complesse dal fatto che Lombardo sapeva di essere nel mirino nelle forze dell'ordine, permisero ai militari dell'Arma di raccogliere elementi concreti che ne provavano il coinvolgimento in un'attività estorsiva nei confronti delle vittime dell'attentato due fratelli titolari di un'impresa che, stando alle indagini, erano 'rei' di non aver voluto pagare la “quota mensile” per la protezione, nonché di essersi aggiudicati un lavoro edile che doveva essere eseguito da Lombardo.
Questa indagine ha permesso ai carabinieri di acquisire elementi concreti sull'esistenza di un'organizzazione criminale che faceva capo proprio a Lombardo e che si occupava, oltre che di estorsioni effettuate con minacce e violenza, a carico delle ditte della zona, anche di traffico di stupefacenti, acquisiti da membri di cosche della 'ndrangheta calabrese, alle quali Lombardo era legato. Inoltre, sono stati raccolti degli elementi che legavano il piccolo boss di Altopascio alla cosca dei Facchineri, per i quali Lombardo effettuava un'attività di usura e ai quali doveva rendere conto. Considerata la vastità del giro, l'indagine, inizialmente a carico della Procura di Lucca, è passata alla Dda di Firenze, dove, peraltro, il gico della guardia di finanza stava già svolgendo una seconda indagine, incentrata, questa volta, sul traffico di droga gestito da Lombardo che dalla Calabria portava la droga in Toscana.