Città metropolitane: incontro a Palazzo Medici Riccardi
“Possono i futuri sindaci ‘metropolitani’ accettare di diventare amministratori di aree che non li hanno democraticamente eletti?”. Con questa domanda il Presidente di UPI e della Provincia di Torino, Antonio Saitta, apre la riunione che ha visto lo scorso 22 ottobre a Palazzo Medici Riccardi a Firenze l’incontro dei Presidenti delle dieci Province destinati a diventare “città metropolitane”.
Incontro a cui era presente, oltre al sottoscritto, anche il Direttore della Provincia di Reggio Calabria Antonino Minicuci, da sempre attento a questa tematica al fine di sostenere le opportune posizioni e per fare emergere proposte concrete in merito. Attenzione che non è venuta mai meno, soprattutto in questa fase delicata di trasformazione delle Province, e che è orientata a tutelare il personale delle Province, valorizzando i modelli organizzativi innovativi che si sono consolidati in queste istituzioni ed a mantenere unita una macchina amministrativa che si è dimostrata tra le più efficienti della pubblica amministrazione locale nella gestione ed erogazione dei servizi a cittadini ed imprese.
“Stante questo disegno di legge attuale – commenta così l’ incontro il consigliere provinciale reggino Michele Marcianò – il sindaco del comune capoluogo delle città metropolitane vedrà prorogato il suo attuale mandato fino al 2017, divenendo così sindaco della città metropolitana. Una decisione che rischia fin da subito di infierire un colpo mortale alla credibilità dell’ente.
La mia idea – sottolinea Marcianò – verte sulla formulazione di una proposta al Governo di modifiche sostanziali alla cosiddetta proposta di legge Delrio. Questo è un tema che riguarda la salvaguardia della democrazia, è necessario auspicare che ogni ente, se pur nuovo, sia eletto direttamente dai cittadini, i quali abbiano la possibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti. Vi è poi anche un problema di competenze che deve essere messo a punto e un problema che riguarda ovviamente la complessità della riforma, nel senso che sarebbe l’ora che si considerassero tutti i livelli istituzionali.
Dunque, una riorganizzazione che parta dalle Province indiscutibilmente ma che riguardi anche le Regioni e la totalità dei Comuni. I segnali non sembrano andare in questa direzione ma in quella opposta. Le riforme – prosegue Marcianò - soprattutto in materia istituzionale non si possono approvare solo per ‘dare dei segnali apparenti’, ma devono sempre corrispondere ad un miglioramento dei servizi per i cittadini. Con la riforma per come è al momento, un sindaco potrebbe trovarsi paradossalmente ad avere fino a cinque incarichi. Penso inoltre che porre la fiducia su un provvedimento come questo, inserendolo assieme alla legge di stabilità, sia una barbarie istituzionale.
Finora si è proceduto senza ascoltare alcune realtà che hanno ricevuto il voto di milioni di persone – chiosa Marcianò – e questa insistenza nel procedere senza ascoltare tutte queste voci è una mancanza di democrazia”.