Centro Studi Confindustria: i rischi della stretta creditizia
Il Centro Studi Confindustria in una recente nota ha messo in guardia dai rischi della stretta creditizia (credit crunch). Da settembre 2011 il calo dei prestiti bancari, secondo Viale dell’Astronomia, è stato del 10,5%, pari a 96 miliardi. Le previsioni sono preoccupanti, il calo proseguirà nel 2014 (-1%) e solo nel 2015 ci sarà un aumento.
La situazione di “sofferenza” in cui versa il mercato del credito determina conseguenze estremamente negative per le imprese che sempre meno chiedono prestiti e sempre più si avvitano in pesantissime tensioni finanziarie. Banca d’Italia conferma che nel 2013 la Calabria ha continuato a risentire della fase congiunturale sfavorevole iniziata nel 2011. È quindi aumentata la
contrazione dei prestiti alle imprese, risentendo sia della debole domanda per il finanziamento degli investimenti sia del permanere di politiche di offerta di credito ancora selettive. Peraltro rimane evidente un rischio credito elevato per i prestiti alle imprese.
"È quindi fondamentale - secondo il Presidente di Confindustria Crotone - concentrare un grande impegno finanziario nel rafforzamento del sistema dei Confidi e dei Fondi di garanzia e di tutte le misure che possono sostenere le aziende in questa delicatissima fase. Così come è stato fatto per il Fondo centrale di Garanzia, gestito da Mediocredito, cui la Legge di stabilità ha recentemente riconosciuto 2,2 miliardi che potranno attivare 30 miliardi di finanziamenti, anche sul sistema dei Confidi regionali è importante che la Regione completi gli iter avviati e dia effettiva operatività ai fondi di garanzia e controgaranzia, oltre a quelle misure come il consolidamento delle passività a breve e la rinegoziazione dei mutui che completano la gamma delle iniziative che da tempo il sistema confindustriale calabrese chiede che vengano attivate.
In questo contesto, le banche devono essere effettive protagoniste dello sviluppo e non trincerarsi dietro regole restrittive e posizioni di difesa. Il rischio di tali scelte è quello di contribuire a prolungare i tempi della risalita e quindi della ripresa.