Usura: Calabria, Dia sequestra beni per 100 mln a imprenditore
È in corso dalle prime ore di questa mattina un'operazione della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro, finalizzata al sequestro di beni per un valore di 100 milioni di euro, riconducibile all'imprenditore cosentino Pietro Citrigno, condannato in via definitiva per usura, e dei suoi familiari.
Il provvedimento, secondo quanto reso noto, è stato emesso dal Tribunale di Cosenza, su proposta del Direttore della Dia, a seguito di complessi accertamenti patrimoniali effettuati dagli uomini della Sezione Operativa di Catanzaro.
Fra i beni sottoposti al provvedimento due cliniche della fascia tirrenica cosentina. Citrigno è un imprenditore assai noto, essendo, fra l'altro, editore del quotidiano "l'Ora della Calabria".
I dettagli dell'operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che avrà luogo nella sede della Sezione Operativa D.I.A. di Catanzaro, alle ore 12. (AGI)
h 12:02 | Le cliniche sequestrate sono Villa Adelchi, struttura convenzionata con il Sistema sanitario nazionale con sede a Longombardi, in provincia di Cosenza, e Villa Gioiosa, di Montalto Uffugo, anche questa convenzionata con il servizio sanitario.
Le due strutture sono residenze sanitarie assistenziali per anziani. Quella di Montalto Uffugo che ha anche un centro riabilitativo per disabili. Tra i beni sequestrati anche terreni e appartamenti.
h 13:17 | "Un consolidato ed allargato sistema di usura posto in essere già dagli anni Settanta", ma anche "la contiguità ad alcuni esponenti di spicco delle consorterie criminose operanti nel territorio cosentino".
Sono queste la basi su cui si poggia l'operazione della Dia di Catanzaro che ha portato al sequestro di beni per circa 100 milioni di euro nei confronti di Pietro Citrigno, noto imprenditore cosentino il cui gruppo editoriale - è stato precisato - non è stato colpito da alcun provvedimento.
L'inchiesta è stata illustrata dal capo della Dia catanzarese, Antonio Turi, il quale ha ricordato come tutto sia scaturito dall'inchiesta "Twister", per la quale Citrigno è stato condannato in via definitiva a quattro anni ed otto mesi di reclusione per il reato di usura aggravata. Secondo lo sviluppo delle indagini, Citrigno è ritenuto "un soggetto equidistante da entrambi i clan di spicco operanti nel territorio cosentino, che aveva bisogno di protezione a livello delinquenziale, al fine di tutelare le proprie attività imprenditoriali".
Il provvedimento di sequestro è stato disposto dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Cosenza sulla base di un'articolata proposta avanzata rispetto al codice antimafia dal direttore della Dia, e di capillari e complesse indagini patrimoniali svolte dagli uomini della Sezione operativa di Catanzaro. Tra i beni sequestrati risultano capitale sociale ed intero compendio aziendale della "Edera srl" con sede in Cosenza e dedita alla costruzione e commercializzazione di immobili;
il capitale sociale ed intero compendio aziendale della "Meridiana srl", con sede in Cosenza e dedita alla realizzazione e gestione di strutture ricettive alberghiere, ospedali e case di cura; il capitale sociale ed intero compendio aziendale della "Riace srl" con sede in Cosenza e dedita alla costruzione di strutture ricettive, sanitarie e socio-assistenziali; il 23,33% del capitale sociale della "Monachelle srl" con sede a Rossano (CS) e dedita a realizzazione e gestione di case di cura, di laboratori, di centri diagnostici, di stabilimenti termali Rsa; il 25% del capitale sociale della "San Francesco srl" con sede a Cosenza e dedita gestione di strutture pubbliche e private per ogni forma di assistenza riabilitativa per anziani e di tipo socio-assistenziale.
Sotto sequestro sono finiti anche 37 fabbricati, tra i quali spiccano le cliniche "Villa Gioiosa" di Montalto Uffugo (CS) e "Villa Adelchi" di Longobardi (CS), entrambe strutture sanitarie accreditate dal Servizio sanitario calabrese, con circa 50 posti letto ciascuna, oltre a 5 terreni
Il capo della Dia di Catanzaro ha spiegato che "le inquietanti ombre rilevate sull'origine del cospicuo patrimonio ascrivibile a Pietro Citrigno, insieme alla pendenza presso il Tribunale di Paola di un procedimento penale per estorsione, hanno indotto gli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro a ritenere queste condizioni come seri indizi da cui desumere che l'imprenditore avesse condotto un tenore di vita superiore alle proprie possibilità economiche.
La Dia, ha evidenziato Turi, ha eseguito puntuali e rigorosi accertamenti che hanno riguardato, per un arco temporale compreso tra il 1988 ed il 2011, tutti i cespiti in qualunque modo riconducibili a Citrigno, l'analisi dei bilanci aziendali, copiosa documentazione bancaria, allo scopo di documentare la sproporzione del loro valore rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette o alle attività economiche esercitate o, in alternativa, di appurarne l'illecita provenienza".
A rendere complicare il lavoro degli investigatori, ha spiegato ancora Turi, il fatto che "alcuni immobili, in precedenza di proprietà dei familiari del Citrigno, siano stati successivamente alienati a società pur sempre riconducibili al nucleo familiare dello stesso, e ciò nell'ambito di una fitta trama di partecipazioni societarie chiaramente finalizzate ad evitare la riconducibilità di tali beni proprio al Citrigno".
I giudici hanno quindi spiegato che i familiari di Citrigno "hanno sempre dichiarato, almeno fino al 2005, redditi non elevati; tuttavia essi sono risultati possessori di beni immobili ed aziende di valore oltremodo rilevante e cospicuo". Il Tribunale della Prevenzione ha concluso che "mai dal 1981 al 2005 il nucleo familiare Citrigno ha prodotto lecitamente un reddito pari o prossimo al valore dei beni entrati nel suo patrimonio". (AGI)