Centro studi italo-ungherese “Arpàd” sulla partita Italia Ungheria under 17
“Nei giorni scorsi allo stadio “Oreste Granillo” si è svolta una gara amichevole di calcio tra le nazionali Under 17 tra Italia ed Ungheria alla quale hanno assistito diverse scolaresche della nostra città.
Mettendo da parte gli aspetti prettamente agonistici di quel mercoledì datato 19 febbraio (un 6-0 tennistico degli azzurrini sui coetanei magiari) c'è da registrare invece un qualcosa che in quella giornata ha rovinato, anche se in parte, gli intenti degli organizzatori.
C'è da evidenziare che bisogna riconoscere sia i buoni propositi secondo i quali ciò che è stato sopra evidenziato aveva il nobile fine di essere un “appuntamento finalizzato al rilancio del turismo sportivo” ma anche i vari contatti interistituzionali per far si che quella giornata fosse un momento di “veicolo educativo e formativo delle giovani coscienze”.
Ma nonostante tali accorgimenti indirizzati ad un intento comune da parte degli organizzatori c'è da registrare che, come giustamente riportato da alcune fonti giornalistiche, quella che doveva essere oltre una giornata di sport e nel contempo un messaggio pedagogico, tutto ciò è stato rovinato da esternazioni da parte di giovani studenti che hanno indirizzato fischi durante l'esecuzione dell “Himnusz “, l'inno nazionale ungherese”. E’ quanto scrive il Centro studi italo-ungherese “Arpàd”.
“Ciò che è accaduto - continua la nota - deve far riflettere in quanto non si deve ne minimizzare quanto accaduto in quanto sfugge a conclusioni diciamo di tipo razionale la motivazione di tali fischi, forse l'ignoranza degli autori.
E se così fosse, forse qualcuno avrebbe l'obbligo morale e culturale di ricordare che a seguito del terremoto del 28 dicembre del 1908 anche l'Ungheria partecipò a quella gara di solidarietà internazionale nei confronti delle popolazioni calabresi e siciliane con consistenti aiuti umanitari nei confronti dei parenti delle vittime del sisma.
Forse la minima conoscenza della nostra storia del passato eviterebbe il verificarsi di tali episodi ma anche il ripetersi di altre vergone che ci piovono addosso in questi particolari e delicati momenti storici.
In buona sostanza anche per quanto accaduto ai margini di quella giornata non rimane che registrare, nonostante i buoni propositi degli organizzatori e della maggioranza dei presenti a quella gara sportiva, con rammarico una tristezza impressionante, vista anche la mancanza di etica in quegli atteggiamenti.
E proprio per chi crede ancora che “lo sport sia veicolo di crescita e di aggregazione per i giovani” o che “ nell'età più giovane si trova ancora la gioia e il divertimento del gioco del calcio” bisogna che si facciano promotori di quegli intendimenti, ai quali credono e ci permettiamo di ricordare un recente manifesto di alta cultura che recita “No al razzismo W il calcio”, proprio per ricordare un uomo, un maestro di sport, tale Árpàd Weisz, ebreo ungherese, giocatore e allenatore dell’Inter (all’epoca Ambrosiana) e Bologna, detentore del primo scudetto italiano a girone unico, scopritore di Meazza, deportato e ucciso nel lager di Auschwitz il 31 gennaio del 1944".