‘Ndrangheta: blitz della polizia di Milano, 34 arresti
La Polizia di Milano ha eseguito 34 arresti nei confronti di persone ritenute appartenenti alla ‘ndrangheta operante in Lombardia e in Brianza.
L’inchiesta, coordinata dalla Dda milanese, ha portato anche al sequestro di beni mobili, immobili e società, del valore di decine di milioni disposti dal gip del Tribunale di Milano, e diverse perquisizioni.
I soggetti fermati sono accusati a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, usura, estorsione, corruzione, esercizio abusivo del credito, intestazione fittizia di beni e società.
Gli investigatori hanno scoperto a Seveso (Monza e Brianza) una vera e propria banca clandestina, in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell'usura, grazie ad un'ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari.
I capitali accumulati, hanno accertato gli inquirenti, oltre ad essere esportati in Svizzera e a San Marino venivano reimpiegati dall'organizzazione attraverso l'acquisizione di attività economiche nel settore edilizio, negli appalti e nei lavori pubblici, nei trasporti, nella nautica, nelle energie rinnovabili e nella ristorazione.
Secondo gli inquirenti, inoltre, i membri dell'organizzazione avevano anche organizzato una raccolta di denaro per sostenere i familiari di 'ndranghetisti detenuti.
h 13:00 | Spunta il nome dell'ex assessore regionale lombardo Massimo Ponzoni nell'ordinanza di custodia cautelare a carico di 40 persone coinvolte nel blitz contro la 'ndrangheta condotto dalla Dda di Milano. Sarebbe stato appoggiato da uno degli arrestati nella sua carriera politica.
A farne cenno è il presunto capo del clan smantellato, Giuseppe Pensabene, parlando col suo collaboratore Tino Scardina il 7 aprile 2010. I due discutono del ruolo di un altro degli arrestati oggi, Domenico Zema, già assessore all'Urbanistica in quota a Forza Italia nel comune di Cesano Maderno e poi imprenditore edile.
Parlando di Zema, "una persona importante qua in zona a livello politico", poi "bruciato" da un'inchiesta giudiziaria, Pensabene dice: "insomma l'hanno bruciato...perché tu dalla politica te ne devi uscire altrimenti...poi ha portato una persona lui al vertice...che oggi è al vertice qua che si chiama...questo qua è il braccio destro di Formigoni...come c...si chiama che adesso mi sono dimenticato...Ponzoni, Ponzoni...lo ha appoggiato forte Zema tutte le amicizie sue, i voti suoi, glieli ha dati tutti questo Ponzoni. Poi hanno litigato e...". Ponzoni è stato poi arrestato nel gennaio del 2012 nell'ambito del crac della società Pellicano con l'accusa di bancarotta.
In una delle conversazioni più cruente intercettate nell'ambito della maxi-operazione contro la 'ndrangheta, Giuseppe Pensabene, il presunto leader del clan, ‘ricorda’ al cognato Antonio Polimeni che suo cugino "doveva essere tagliato a pezzettini e buttato in una busta di plastica".
Alla domanda di Polimeni su quale fosse la colpa di suo cugino che lo avesse reso meritevole di un simile agguato, Pensabene risponde che, a quel tempo, era asservito al clan contrapposto.
Ecco lo scambio di battute tra i due. Giuseppe Pensabene: "Tuo cugino è stato figlio della fortuna ... tuo cugino doveva essere tagliato a pezzettini e buttato in una busta di plastica, hai capito? Quello doveva essere fatto... ma no ora quel 'porcarusu' di Santo Rocco con quell'altro 'porcarusu' di Campo... vanno lì e si fanno.. per due chili di carne...per tre chili di carne... per quattro chili di carne... hai capito?.
Doveva essere tagliato a pezzettini... pezzettini... è figlio della fortuna... Ma questo te lo posso dire e confermare... con gli uomini e non con questi 'quaquaraquà'... Proprio tagliato doveva essere, e quella mattina gli è andata bene. Un giorno nella piazza erano morti li, eravamo pronti io, Pasquale e Nino Fortugno di andare a sparargli a tutte e due nella piazza a Santo Nicola... pronti con le armi, e si è salvato".
"E che aveva combinato...?", chiede Polimeni. Pensabene risponde: "Lo sa lui che aveva combinato, lo sa lui, vabbè era ragazzo, stupidaggini... lo mandavano ad andare a guardare se io ero a casa, se ero uscito, queste cose qua nella strada... portava ‘ambasciate’... diretto da Nino 'u Muntunì".
Giuseppe Pensabene, era "una sorta di ‘Banca d'Italia’" e alcuni arrestati lo chiamavano "papa" o "sovrano" per sottolinearne il carisma criminale. Pensabene e il suo gruppo criminale, spiega il gip, "hanno operato come una vera e propria banca clandestina" e "non è un'esagerazione affermare - scrive il gip nell'ordinanza a carico di 40 persone - che lui e il suo gruppo criminale hanno operato come una banca, gestendo flussi di denaro liquido ingentissimi sicuramente di provenienza delittuosa, e investendolo in operazioni finanziarie e speculazioni immobiliare illecite".
L'enorme disponibilità di denaro liquido, spiega ancora il giudice Luerti, "da parte di Pensabene Giuseppe giustifica pienamente, e rende perfettamente calzante, l'affermazione di Morabito Maurizio (uno degli arrestati, ndr), nel corso della conversazione ambientale del 03.08.2011, alle ore 16.54, quando, dopo avere riepilogato le consistentissime somme di denaro investite nei diversi affari, lo stesso Morabito definiva Pensabene come una sorta di ‘Banca d'Italia’".
Morabito intercettato diceva: "Ah, già stasera la devi vedere? Mannaggia ... ci vuole la Banca d'Italia per davvero con te... e abbiamo bisogno della Banca d'Italia? Tutti i giorni abbiamo ... 50, 60, 30 ...". Si riferisce, sottolinea il gip, "a somme di denaro contante variabili dai 30mila ai 60mila euro". (AGI)
h 14:31 | Tra le vittime dell'organizzazione 'ndranghetista smantellata dalla Dda di Milano figurano anche il vicepresidente esecutivo del Genoa Antonio Rosati, il dg della Spal Gianbortolo Pozzi e l'ex presidente della Nocerina Giuseppe De Marinis.
In particolare, Pozzi avrebbe ottenuto da alcuni degli indagati due prestiti, complessivamente per 130mila euro, con tassi usurari. Nell'ordinanza, il gip spiega che, a fronte della sua impossibilità a restituire i soldi alle scadenze prefissate, "ottenevano da Pozzi il rilascio di 36 cambiali per un importo complessivo di 198mila euro" e, per giustificare il rilascio delle cambiali, "la stipula di un compromesso di vendita (simulata) del suo appartamento".
Quanto a De Marinis, arrestato nel 2001 in un'inchiesta sul riciclaggio di petrolio, subisce un pestaggio a Milano "strumentale" - scrive il gip - "alla perpetuazione della estorsione aggravata" ai suoi danni. Infine, vittima della 'ndrangheta sarebbe stato anche Rosati, costruttore di Varese ed ex Presidente del club calcistico di questa città.
La banca clandestina individuata in Brianza nel corso dell'operazione anti 'ndrangheta scattata all'alba di stamattina gestiva centinaia di milioni di euro: lo ha detto il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, a capo della DDA di Milano, nel corso di una conferenza stampa presso la Questura di Milano. "L'organizzazione di Pensabene era capillare, e riusciva a movimentare centinaia di milioni di euro", ha detto Boccassini. "In una crisi come quella che sta attraversando il nostro Paese, e il resto del mondo, le organizzazioni criminali mettono il loro potenziale militare e i loro capitali a disposizione di una classe imprenditoriale con il pelo sullo stomaco".
Al vertice della cosca di Desio - il "locale", come si indica in gergo un gruppo 'ndranghetista che controlla un certo territorio - c'era Giuseppe Pensabene, nato a Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. Pensabene, che era stato affiliato alla cosa degli Imerti - protagonista della "seconda guerra di 'ndrina" combattuta negli anni '80 in Calabria, a fianco delle famiglie Condello, Serraino, e Rosmini - si trasferisce in Lombardia in quello stesso periodo.
In Brianza, Pensabene sviluppa contatti con il locale di Desio, fino a diventarne il leader dopo l'operazione "Infinito", che nel 2010 falcidio' le cosche calabresi in Lombardia. Nel 2010 viene solo toccato dall'inchiesta, con il sequestro di beni per 10 milioni di euro, ma evita il carcere. "Pensabene non costituisce un 'locale' classico, anche se la violenza veniva comunque esercitata per intimidire, ma un gruppo dedito alle operazioni finanziarie" ha spiegato il sostituto procuratore Giuseppe D'Amico. E' cosi', racconta ancora D'Amico, che prospera la banca clandestina di Seveso, localizzata all'inizio in un locale cosi' misero da essere soprannominato "il tugurio".
La banca della 'ndrangheta effettua principalmente tre tipi di operazioni, tutte rivolte all'imprenditoria brianzola: usura in senso classico, con tassi fino al 20% che hanno mandato sul lastrico diversi imprenditori, costretti poi a cedere le proprie attivita'; erogazione di credito a imprese 'amiche' completamente controllate dagli stessi 'ndranghetisti, ma soprattutto la cosiddetta "compravendita di denaro".
Pensabene e soci aiutavano infatti le imprese del tessuto lombardo a creare fondi neri attraverso l'erogazione di denaro, gli imprenditori li ripagavano con assegni e trasferimenti con un 5% di provvigione, una somma comunque inferiore a quella che avrebbero dovuto pagare in tasse allo Stato se avessero dichiarato i patrimoni alle autorità fiscali. "Dobbiamo essere come i polipi, mettere i tentacoli dappertutto, perché con questa crisi ci cono le condizioni per poterlo fare" dice Pensabene in un'intercettazione. "Ci vuole la Banca d'Italia? Qui ogni giorno transitano 30-40-50mila euro" dice uno dei suoi soci. Contro gli imprenditori incapaci di pagare i prestiti usurari in tempo si esercitava una violenza selvaggia, tanto che nessuno di loro ha mai denunciato le angherie subite, ma Pensabene e soci guardavano soprattutto alla finanza, ed e' qui che entra in gioco Emanuele Sangiovanni, il broker del gruppo.
L'uomo, che controllava una serie di società svizzere con capitale britannico, si mette a disposizione di Pensabene per scudare i capitali illeciti, e diventa un vero e proprio 'golden boy' protetto dal boss. "Questo sistema criminale finanziario sarebbe impossibile senza l'appoggio di ambienti che non appartengono all'organizzazione, in particolar modo imprenditori e funzionari pubblici" ha detto il capo della Squadra Mobile di Milano Alessandro Giuliano. Oltre agli imprenditori, infatti, tra gli arrestati ci sono il direttore e il vicedirettore dell'ufficio postale di Paderno Dugnano, di fatto a disposizione degli interessi della cosca: "Pensabene preferiva utilizzare le Poste, dove mandava i suoi scagnozzi a ritirare anche 100-200mila euro al giorno - ha spiegato ancora d'Amico - e dove i dirigenti conniventi non segnalavano niente all'antiriciclaggio. Bisogna intervenire a livello legislativo, perché le Poste sono ormai una vera e propria finanziaria". Gli arrestati sono 34 tra 'ndranghetisti, imprenditori e funzionari pubblici. A loro si contestano reati che vanno dall'associazione mafiosa, al concorso esterno, al riciclaggio. Gli agenti hanno anche sequestrato quote societarie, patrimoni, terreni e complessi aziendali.
h 18:10 | Infiltrarsi "come polipi" che "si devono agganciare dappertutto, i tentacoli devono arrivare dappertutto, ci sono le condizioni per poterlo fare". È il proposito lanciato il 6 aprile 2012, nel suo ufficio di Seveso, da Giuseppe Pensabene, il capo della cosca brianzola di Desio arrestato questa mattina nell'ambito dell'operazione guidata da Ilda Boccassini. La frase del boss, intercettata, è riportata nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Simone Luerti. Secondo il giudice dimostra "come l'associazione mafiosa" guidata da Pensabene aveva cercato anche e soprattutto di penetrare nel tessuto economico per gestire e controllare le più svariate attività e aggiudicarsi appalti e lavori pubblici nei settori edilizio, dei trasporti della nautica e delle energie rinnovabili". (AGI)