Vertenze lavorative: ferma risposta della proprietà di RTV
L’Azienda ALFA GI Produzioni Editoriali Integrate srl, in persona del suo amministratore unico Giuseppe Lamberti Castronuovo, appreso che su fonti di stampa locali e nazionali è stato diramato un comunicato avente ad oggetto la problematica della risoluzione di rapporti di lavoro del personale addetto all’emittente RTV, ritiene proprio obbligo, non solo morale, precisare quanto segue:
"In merito alla vicenda relativa agli intimati licenziamenti che interessano il personale dipendente dell’azienda ALFA GI, l’amministratore della società datrice di lavoro non può esimersi dal manifestare sconcerto e rammarico in relazione a quanto si legge nella dichiarazione rilasciata alla stampa da parte della CGIL di Reggio Calabria, ramo della SLC, “Sindacato Lavoratori Comunicazione” rivolte alla parte datoriale, la quale non può che essere definita se non uno sterile attacco fondato su inesattezze, mistificazioni e falsità, la cui portata desta perplessità e sdegno.
Ed invero il solo dato conforme al vero nella ricostruzione della dolorosa vicenda è che “ dopo lunghi mesi di trattativa si è concluso con esito negativo l’incontro in sede istituzionale, presso l’assessorato al Lavoro della Regione Calabria, richiesto dall’azienda ALFA GI (azienda che raggruppa il settore grafico e televisivo di RTV), per la conclusione della procedura (legge 223/91) “ .
È però sottaciuto che da diversi mesi l’azienda si fa promotrice di reiterati incontri con i suoi dipendenti e con le organizzazioni sindacali per avviare a concreta soluzione la vertenza al fine di scongiurare la necessitata risoluzione del rapporto per alcuni dei suoi dipendenti, il cui numero tra l’altro, con un ulteriore sforzo, è stato considerevolmente ridotto e limitato a dodici sui diciannove che erano in esubero .
Il rappresentante legale nonché amministratore unico della srl, assistito dalla prof. avv.Angela Marcianò, hanno costantemente, senza mai risparmiarsi, accettato ed ancor prima promosso continui confronti con le parti sindacali con contatti, anche telefonici, quasi giornalieri.
L’affermazione poi che l’azienda non avrebbe “voluto attivare la proroga della cassa integrazione in deroga e pertanto ha deciso di licenziare 12 lavoratori“ è decisamente falsa e strumentale dappoiché è stata proprio l’azienda (precisamente nel mese di novembre 2013 ) e prima ancora dell’avvio della procedura (15-11-2013) di risoluzione dei rapporti di lavoro, come prima alternativa per scongiurare i licenziamenti, a proporre il ricorso alla CIG .
Tale proposta, attivata nonostante il perentorio parere contrario del consulente finanziario e fiscale aziendale, è stata paradossalmente e prontamente rifiutata (quasi all’unanimità) dai dipendenti riuniti in assemblea e forse consigliati in tal senso dalla stessa “parte sociale” che oggi si rende responsabile delle esternazioni rilasciate alla stampa, che possono essere definite sterili e vacue lamentazioni.
L’azienda con sforzi immani cerca da anni di conservare il sacrosanto diritto alla conservazione del posto di tutti i suoi dipendenti . E questo è avvenuto senza essere “destinatarie di ingenti contribuzioni di denaro pubblico “ come falsamente si sostiene forse per mascherare un mal celato attacco politico,considerato il particolare legame che la parte datoriale ha con ognuno dei dipendenti e di conseguenza per preservare tutta l’azienda,considerata da sempre come fiore all’occhiello quale patrimonio di conoscenza e diffusione, in quanto ormai unica emittente presente sul territorio della provincia reggina.
Quando si afferma che “ i dipendenti provengono da due anni di cassa integrazione in deroga non ancora pagata “ correttezza e lealtà dovrebbe imporre ad una parte sindacale che si autoreferenzia come disinteressata rappresentante dei diritti dei lavoratori, di interrogarsi sulle vere ragioni per le quali non funzionano i sistemi di finanziamento regionale ed attribuire le giuste responsabilità alle istituzioni che si rendono latitanti nell’adempimento dei propri obblighi di legge.
Ed in qual modo può considerarsi corretto deontologicamente entrare nel merito delle scelte organizzative sindacali fino ad arbitrarsi di parlare di “ incapacità aziendale a ricercare nuove commesse “ come “ diretta conseguenza ( sic ! ) “ ( forse la causa, invero ) della perdita dei posti di lavoro ?
E quanto credibilità può assegnarsi a un sindacato che dovrebbe rappresentare i lavoratori e che invece si appropria del loro comprensibile malcontento per fomentarli contro il proprio datore di lavoro, piuttosto che guidarli verso soluzioni ragionevoli in “tempi utili” e con percorsi evidenti fin dall’inizio, senza irresponsabilmente esaltare logiche improponibili allo scopo, forse, di incrementare il numero degli iscritti ?
La parte sindacale ha anche taciuto che durante i mesi di trattative in cui l’azienda si è prestata fino a logorarsi nel confronto e nella dialettica si è ulteriormente aggravato il già consistente deficit ed è dunque peggiorata la situazione economico/finanziaria aziendale .
E se tutto quanto fin qui detto non bastasse a riportare a verità la cronaca dei fatti avvenuti, potrà essere utile far presente che giorno 14 marzo 2014, presso il Dipartimento Politiche del Lavoro della Regione Calabria, in cui si è chiusa l’estenuante procedura di licenziamento collettivo, si è assistito ad un vivace - per essere cauti ! - confronto che nulla aveva a che fare con gli interessi dei lavoratori licenziandi ma che piuttosto, e verosimilmente, era espressione di scomposti antagonismi di gruppo tra le rappresentanze sindacali ( per una volta miracolosamente al completo, ossia SLC CGIL e UILCOM UIL), in una dialettica di non elevato livello, anzi piuttosto distante dallo spirito e dalla funzione per la quale una “vera” organizzazione ha ragione di operare e di esistere.
Ed infine sul piano prognostico del problema e propositivo di soluzioni efficaci, perché non si apre un tavolo di confronto anche a livello politico locale per lanciare l’idea di una forma di azionariato popolare che valga ad integrare le risorse economiche necessarie alla sopravvivenza dell’organo d’informazione, già modernizzato con il passaggio al digitale terrestre, la cui presenza sul territorio è un patrimonio sociale, appena considerando che i famosi contributi pubblici non coprono neanche le spese di alimentazione elettrica?"