Il DDL Alfano, la “legge bavaglio“ e la regola non condivisa del ”tutti zitti”

Calabria Attualità

Tutti zitti in un assordante silenzio. Eppure se chiedo in giro a qualche collega di spiegarmi con esattezza il disegno di legge Alfano, qualcuno alza gli occhi, scuote la testa, farfuglia qualche frase stereotipata letta, sentita e ritrita dai mezzi di informazione nazionali ma - stringi, stringi - non è che sia capace di dirmi esattamente cosa sia e come, nei fatti, ne "castri" la sua professione. Né tantomeno un Ordine professionale o un'associazione di categoria che si sia fatta avanti, finora, per spiegarmelo.

E' vero, la proposta del Governo limiterebbe in qualche maniera la libertà di stampa: sanzionando pesantemente chi si permetta di pubblicare intercettazioni non propriamente attinenti a fatti giudiziari o, arbitrariamente, atti di un procedimento penale; invece di lasciare alla coscienza del singolo giornalista o all'editore la possibilità di scelta e di eventuale penitenza.

Scusate l'ignoranza di chi ha il coraggio d'ammetterlo, ma non so ancora e fino a che punto tutto ciò possa in qualche modo imbavagliarla completamente.

Dapprima non ero d'accordo a partecipare allo sciopero dei giornalisti: forse perché sono nato "bastian contrario", forse perché non amo seguire la corrente ma risalirla.

La verità è che dopo molti anni di questo mestiere ho imparato a mie spese come la sbandierata libertà di stampa tutta made in Italy non è che poi esista fino in fondo e davvero, legge Alfano o meno. Basti solo pensare al fatto che in Italia non vi siano veri e propri editori cosiddetti "puri": cioè che campino, imprenditorialmente, solo ed esclusivamente di questo. La maggior parte dei mezzi di comunicazione sono stati e continuano ad essere, dai più grandi ai più piccoli, di proprietà e sotto il controllo di gruppi aziendali o politici che tutt'altro hanno a che vedere con questo mestiere. Forse il web può ancora considerarsi una piccola isola felice: ma anche lì qualcosa si muove!

Quanto alle intercettazioni, poi, molto sarebbe da scrivere e poco lo spazio a noi concessoci prima di annoiarvi. Solo un considerazione, però: quanti colleghi e testate, in questi anni come in passato, hanno speculato sulle telefonate private e fatti "non penalmente rilevanti" di cittadini, per così dire di interesse pubblico? A volte a buona ragione, per carità! A volte solo per puro gossip se non addirittura per prestare la penna, da esecutori (in gergo li chiamiamo "marchettari"), a mandanti pseudo ignoti.

Credo - da laico, liberale e democratico - che i diritti non siano a senso unico e che quello alla privacy, alla dignità e alla difesa nelle aule di tribunali piuttosto che nelle gogne mediatiche spetti anche al peggiore dei malfattori. Un freno va dato, una regola va scritta, un metodo adottato: dove hanno fallito, perché hanno fallito, i principi deontologici di questa professione, un minino di criterio si deve pure affermare.

Allora, prima di dar fiato alle trombe e borbottare su qualsiasi proposta proviamo per una volta a fare proposte, a indicare soluzioni condivisibili.

Per farla breve, parteciperò lo stesso e con la nostra testata allo sciopero: non perché ne condivida tutte le ragioni ma esclusivamente perché sono convinto che - dopotutto - un diritto democratico non può essere regolamentato solo da un Governo, di destra o sinistra poco importa, senza che prima non vi sia stato un vero e proprio contraddittorio.

Arrivederci a sabato mattina... e come sempre senza bavagli!

Vincenzo Ruggiero
Direttore Responsabile Cn24