Sul e Uil sulla questione Peo del Comune di Reggio Calabria
“Oramai la vicenda PEO del Comune di Reggio Calabria rassomiglia sempre di più ad una commedia che, purtroppo, non possiede il guizzo del genio e si perde in battute scontate e mediocri”. E’ quanto scrivono per la Uil Fp Franco Criaco e per il Sul Pi Aldo Libri.
“Atto primo – continua la nota - si decide di colpire i dipendenti comunali interpretando la relazione del MEF come se fosse costituita da una sola prescrizione e non contenesse altre annotazioni su cui si sarebbe dovuta appuntare l'attenzione se ci fosse stata la volontà di colpire qualche potere interno all'Amministrazione Comunale e con evidenti coperture esterne.
Atto secondo: alcune organizzazioni sindacali ritengono che da questa situazione si debba uscire con un patto che, a loro dire, farà storia nella contrattazione sindacale. Un patto firmato a 48 ore dalla promulgazione del Decreto Legge che interveniva su questi argomenti e che le medesime sigle firmatarie consideravano come frutto della loro sapienza e del loro impegno maturato in una torrida giornata di fine luglio (come ci hanno ripetutamente spiegato).
Atto terzo: la Commissione ordina di dare esecuzione alle trattenute sugli stipendi ai lavoratori. Da notare “sugli stipendi” e non, come sostenuto dall'accordo firmato e non ratificato dall'assemblea, solo sulla produttività, lasciando intonsi gli stipendi.
Atto quarto: la delegazione trattante di parte pubblica, brutalmente smentita, corre ai ripari provando a rimettere in piedi un accordo che non regge insieme con i firmatari dell'accordo “storico”. Le sigle sindacali rinegozianti escono dalla riunione con un comunicato che sancisce l'obbligo alla felicità dei dipendenti comunali che non saranno mai scalfiti nei loro diritti. Dimenticano che avevano appena firmato un accordo in base al quale 350 dipendenti, di cui un centinaio pensionati, avrebbero sopportato la decurtazione economica.
Atto quinto: la Commissione straordinaria fa sapere al popolo che ha scritto al Segretario Generale per informarlo che il Decreto Legge non è legge, ma una cosa imprecisata. Per cui nulla cambia nella loro impostazione. Pertanto si confermano, implicitamente, le trattenute ai dipendenti.
L'ultimo atto e la comunicazione della Commissione assomigliano straordinariamente, e meritoriamente, al famoso calembour di Totò: “una serva che non serve che serva è?”. Infatti i Commissari non si limitano a consigliare prudenza e di attendere la conversione in legge di quel provvedimento prima di assumere qualsivoglia decisione (atteggiamento che avrebbe una logica condivisibile), ma si impelagano in una dotta disquisizione sul fatto che un Decreto Legge non è legge, tuttavia ha forza di legge, giustificata dalla necessità e dalla urgenza e perciò controfirmata dal Presidente della Repubblica, ma non è legge perché il Parlamento può cambiarla ed allora forse bisogna rispettarlo (il Decreto Legge) perché è provvedimento cogente, ma anche no perché non è legge.
Ci avete capito qualcosa? Noi no. Infatti noi, nel nostro piccolo, ci siamo, finora, limitati ad adoperare argomenti meno sofisticati per non fare cattiva figura in pubblico. Poche idee, ma abbastanza chiare: non si toccano le spettanze dei lavoratori e si rispettano le leggi (ed anche i Decreti Legge).
Rimaniamo dell'avviso che sia utile dare uno stop ad uno spettacolo che diventa noioso ogni giorno di più. Aspettiamo la conversione in legge del decreto, vediamo cosa dirà alla fine ed agiamo di conseguenza, senza partire dall'assunto che si debbano colpire i diritti dei lavoratori. Per ogni altro atteggiamento ed ogni altra decisione di altra natura ci sono i tribunali ed i nostri legali già in avanzato riscaldamento prepartita”.